Così è (anche se non vi pare)
Le braccia se ne cadono quando devi commentare una partita come quella disputata dalla Paganese contro il Latina. Non sai da dove cominciare; se dal baldanzoso inizio, infarcito da vezzose promesse non mantenute, o se, invece, dalla fine, condensato avvilente di una partita insipida e incolore che non è mai decollata.
Squadra camaleontica la Paganese. Ti esalta e ti deprime, senza un’apparente logica. Un giorno sugli altari, un altro nella polvere. Più polvere che altari, per la verità, in questa seconda parte del campionato; quella che, secondo alcuni esperti, avrebbe dovuto consolidare ambizioni di alta classifica.
Diciamocela tutta. Ancora una volta, dopo le cocenti delusioni di qualche anno fa, sempre in terza serie, proprio quando la squadra è attesa alla prova della verità, quando cioè ci si attende il famoso salto di qualità, vengono fuori – indisponenti, indesiderate e inopportune – tutte le manchevolezze di una inquadratura che poche volte riesce a dare l’impressione di una squadra etimologicamente tale, compatta e omogenea in tutti i suoi reparti.
È andata male contro il Latina, ma, a dire il vero, poteva andare anche peggio. Mai vista quest’anno una prestazione così anonima e incolore della Paganese, anche se, ad onor del vero, in tutte le valutazioni bisogna pur sempre tener conto del valore degli avversari.
Un buon inizio, promettente, di quelli che ti fanno pensare: “il buongiorno si vede dal mattino”. Difesa ben schierata. Rientra Fusco nel reparto schierato a tre, con Fernandez e con il giovane Perrotta. Nunzella ha licenza di avanzare sulla fascia sinistra e lo fa con la consueta bravura senza per questo tralasciare compiti difensivi quando la partita lo richiede. Sul lato opposto, a destra, Ciarcià gioca con l’autorevolezza e la determinazione mostrate nelle ultime gare. Il calciatore interpreta benissimo sia la fase difensiva, a supporto di un ingabbiato Romondini, sia quella di rilancio e di proposizione in avanti. A centrocampo – nonostante che Ciarcià si sacrifichi al massimo abdicando alle sue canoniche avanzate in profondità sulla destra – le cose non vanno benissimo perché, come al solito, gli atleti in maglia azzurro stellata se la devono vedere con avversari che in quella zona presentano tre e anche quattro atleti, bravi sia nel palleggio che nella distribuzione del gioco. Sto parlando di calciatori che si chiamano Cejas, Burrai, Sacilotto, e che in terza serie riescono a fare la differenza. Differenza che, purtroppo, non è quasi mai riuscita a fare Soligo, di cui si diceva un gran bene e che – ingaggiato per questo – avrebbe dovuto assicurare una marcia in più alla squadra. Comincia benino, dicevo, la Paganese e, nonostante una presenza più consistente degli avversari a centrocampo, più di una volta Caturano e Girardi, assistiti da un Tortori sempre alla ricerca di un ruolo tattico ben definito, riescono a portare più di una minaccia alla porta pontina. Il gol, voluto e cercato con insistenza, arriva alla mezzora e lo mette a segno Caturano che, quasi cadendo, con un diagonale rasoterra, beffa il portiere Bindi.
Nella ripresa cambia subito il risultato. Entra Jefferson al centro dell’attacco e proprio il brasiliano è bravo e fortunato al tempo stesso, riuscendo ad infilare la porta di Marruocco con un tocco astuto di esterno destro su cross rasoterra da sinistra di Schetter. Il Latina è su di giri. Il gol messo a segno carica la squadra laziale che trova terreno fertile nella zona centrale del campo. Il filtro davanti alla difesa, che dovrebbe essere assicurato dai centrocampisti, funziona poco e male. Tanti i personaggi ancora in cerca d’autore. La Paganese è come divisa in due; da un lato una difesa attenta, precisa e arcigna come si conviene a una squadra che guarda al risultato; dall’altro un attacco che annovera adesso oltre a Caturano e Girardi anche Scarpa. A centrocampo, là dove si decidono spesso le sorti di una gara, si vedono poco Romondini e Soligo, presi d’infilata da avversari che sembrano sempre più baldanzosi e spavaldi man mano che la partita va avanti. Ma non è solo il centrocampo che adesso funziona bene per il Latina. Barraco in avanti sembra un tarantolato, un attaccante dall’argento vivo addosso che va alla ricerca continua di spazi per puntare direttamente a rete. Più passano i minuti, più qualche atleta della Paganese sembra in affanno e in debito di ossigeno, più Barraco affonda i suoi colpi in avanti alla ricerca del gol che potrebbe decidere la partita.
Per fortuna Marruocco è portiere affidabilissimo oltre che determinante; un paio di suoi sicuri interventi scoraggiano le iniziative avversarie. Poi, come spesso succede nel calcio, che – ricordiamolo sempre – non è scienza esatta, allo scadere dei tre minuti di recupero, la Paganese va ad un passo dalla clamorosa segnatura. Appoggio volante dalla destra di Fava per la testa di Girardi che, in uno dei tantissimi duelli aerei ingaggiati sia con De Giosa che con Cottafava, ha la meglio, colpisce di precisione ma il pallone termina di un niente la sua corsa alla destra dell’immobile portiere Bindi.
Il pareggio, a questo punto del campionato, serve e non serve; ma – per come si erano messe le cose – deve essere ben accettato perché comunque fa muovere la classifica. È buona regola nel calcio, quando non si riesce a ottenere la vittoria, accontentarsi del pareggio. Così è stato, per fortuna, perché, lo hanno visto tutti, la squadra nella seconda frazione di gioco ha mostrato chiari segni di resa atletica. La qualcosa, in vista dello sprint finale, deve preoccupare, e non poco, l’intero staff tecnico della Paganese.
Non vorrei entrare in questioni squisitamente tattiche, ma una cosa la devo dire. Al di là dei freddi numeri che di solito contraddistinguono determinati moduli di gioco, la Paganese, ancora una volta, ha sofferto molto a centrocampo, dove quasi sempre è stata in inferiorità numerica. Grassadonia ha il suo credo tattico e non si smuove dalle sue convinzioni: è fuor di dubbio però che quando si ha una marcia in meno nella zona nevralgica del gioco, lo stesso passa automaticamente nelle mani degli avversari che – avendo presenze qualificate – possono così assurgere a protagonisti.
Grassadonia dovrebbe convincersi che a centrocampo ha a disposizione atleti non più giovanissimi. Romondini ha una storia di tutto rispetto alle sue spalle, ma, oggi più che mai, si trova in difficoltà quando ha a che fare con avversari brevilinei e svelti; più d’uno lo ha identificato come “moviola” in campo, ma a sua discolpa va detto che il calciatore – bravo quando deve impostare il gioco – spesso e volentieri si trova a interpretare anche la parte di francobollatore, un ruolo che regge poco. Una volta chi scriveva di calcio diceva che è difficile “cantare e portare la croce”; ma lo si potrebbe dire pure adesso perché quello è il concetto. Soligo gioca a corrente alternata, svolge il suo onesto compito ma non eccelle, non riesce a essere il primo della classe, come si pensava che potesse essere alla vigilia del campionato. I due atleti dovrebbero presidiare il centrocampo; gli altri, come Ciarcià, come Tortori, come Scarpa sono solo calciatori prestati al reparto senza averne le caratteristiche.
Siamo quasi alla fine del campionato, e, purtroppo, Grassadonia non è ancora riuscito a inventarsi un mediano vero, come quelli di una volta, un mordi caviglie, un recupera palloni, un “cagnaccio” che dia agibilità di costruzione a Romondini che – vuoi o non vuoi – resta l’unico in grado di ragionare con il pallone fra i piedi. Inoltre, lasciatemelo dire, credo ci sia poca benzina nelle gambe di più di un calciatore e quando manca la benzina non si possono fare miracoli; quando c’è carburante a sufficienza allora si possono tentare anche cose apparentemente impossibili: si può giocare anche con due soli centrocampisti, che però devono sopperire con movimenti perpetui e indemoniati a carenze di ordine numerico. Ma di carburante ne vedo poco in giro.
Sono considerazioni personali che però credo siano da sviluppare per il futuro, anche quello non immediato.
Buona Pasqua a tutti.
Nino Ruggiero
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