Il calcio è materia opinabile. Partiamo da qui. Se ci fosse una giusta ricetta per guarire le innumerevoli disfunzioni tecnico-tattiche che una partita di calcio produce, specie in assenza di risultati, allora credo che tutti la utilizzerebbero: allenatori, dirigenti di società e – perché no? – i tifosi che sono i primi malati di una passione che travolge e che assai spesso lascia poco spazio al buon senso e alla saggezza.
L’unica medicina universale che mette tutto a tacere sono i risultati positivi. Quando arrivano le vittorie c’è poco spazio per ogni tipo di disquisizione tecnica perché le vittorie rappresentano la panacea di tutti i mali. Hai giocato male e hai vinto? Bene, altri tipi di considerazioni – che pure fanno parte del calcio – passano in secondo piano.
La ricetta giusta, quando i risultati non sono quelli sperati, non c’è; non c’è mai stata e mai ci sarà. Sappiamo tutti che il primo colpevole viene individuato nel manico: nell’allenatore. E’ storia vecchia, storia di sempre. A pagare è sempre l’allenatore, è prassi consolidata; l’allenatore paga sempre, a prescindere da colpe e manchevolezze. Qualche volta il cambio di allenatore può essere necessario. Ma bisogna avere le idee chiare in merito. Bisogna valutare tante cose: se la squadra segue ancora i dettami tattici dell’allenatore; chi l’ha costruita e con quali criteri; se, infine, ci sono i tempi tecnici per dare eventualmente una sterzata. Cambiare per cambiare, non serve.
Prendete Zamparini, presidente del Palermo e Cellino, presidente del Cagliari: ho perso il conto di quanti allenatori hanno cambiato negli ultimi anni. Non arrivano le vittorie e allora via l’allenatore. Continuano a non arrivare successi, ecco allora ancora un altro allenatore. Non si muove una foglia? allora facciamo ritornare il primo allenatore. Insomma una giostra, un via vai, tipo Stazione Termini, senza per questo risolvere il problema. La considerazione più ovvia che viene fuori allora è questa: possibile che siano tutti scarsi? Ma allora quando i risultati sperati non arrivano di chi è la colpa? Forse di tutti e di nessuno. Detto alla Pirandello, forse uno, nessuno, centomila.
Vado alle cose di casa nostra. L’ennesimo passo falso commesso nell’incontro con la Nocerina ha aggravato la posizione in classifica della Paganese. Archiviati i sogni di alta classifica, gli azzurro-stellati non riescono più nemmeno a mantenere il passo delle squadre pericolanti e sono sprofondati in piena zona play-out. Contro la Nocerina si è vista all’opera una squadra senza nerbo, senza idee e senza costrutto; l’ombra della squadra bella e intrigante che nella prima parte del campionato aveva fatto palpitare e sognare tanti cuori. Ovvio, allora, che ci si domandi: che è successo alla squadra, come mai non ha più il rendimento del girone di andata? L’allenatore Grassadonia, come da classico copione, è sulla graticola. L’accusa è quella di non aver dato un gioco ed volto definitivo alla squadra, aggravata dal fatto che la squadra azzurro-stellata oramai non vince più dal 4 gennaio quando rimandò a casa con un sonoro 4 a 1 l’Avellino.
Non sono mai stato particolarmente tenero con Grassadonia in linea squisitamente tattica; altre cose non mi interessano. Non una sola volta nelle mie solite note, all’indomani delle partite casalinghe, ho messo in evidenza che la squadra a centrocampo aveva più di una difficoltà. Schierare due soli centrocampisti di ruolo portava inevitabilmente ad uno squilibrio tattico, specie in presenza di squadre organizzate e che nella stessa zona nevralgica del gioco si presentavano con tre e anche con quattro elementi.
Mi pare di poter dire che, fin quando le condizioni fisiche degli atleti sono state ottimali, la squadra ha saputo mascherare qualche magagna di ordine tattico. Adesso, che più di qualche calciatore accusa malanni fisici, tanti nodi di natura tecnico-tattica vengono inevitabilmente al pettine.
Contro la Nocerina, Grassadonia, a causa di numerosi infortuni e della squalifica di Ciarcià, ha dovuto letteralmente inventarsi una squadra diversa dal solito. Nel giorno in cui si era finalmente deciso a schierare un centrocampo a tre, ha dovuto rinunciare a Romondini (febbre influenzale?) unico elemento in grado di accendere la luce nel grigiore di un centrocampo operaio.
Dopo aver subìto il gol su un calcio d’angolo studiato, provato e riprovato come schema negli allenamenti, la Paganese si è trovata a dover fare la partita. Contro una squadra organizzatissima, formata da elementi di grosso spessore, gli azzurro stellati non hanno mai trovato il bandolo del gioco. Senza un uomo d’ordine a centrocampo, la manovra si è sviluppata spesso con lanci lunghi dalle retrovie. Palla lunga e pedalare; è sembrato questo lo slogan che ha accompagnato la squadra verso un’improbabile rimonta. Sono mancate le sovrapposizioni sulla fasce laterali; le due filiere di destra e di sinistra non hanno dato il solito apporto. Più di un calciatore, soprattutto gli under, hanno sofferto il clima agonistico di quella che per tanti è una partita speciale. Ciò nonostante il risultato della partita, specie nella prima parte della gara, è stata sempre in bilico e Tortori, nelle vesti di incursore, è stato fra i più brillanti mettendo spesso in allarme la difesa nocerina; ottimo un suo colpo di testa nel secondo tempo degno di migliori fortune. Il secondo tempo, acuto di Tortori a parte, è stato una vera lagna nonostante la Nocerina fosse ridotta in dieci uomini.
Rieccoci all’allenatore. Credo che la società gli riconfermerà la fiducia. A questo punto del campionato, con sole otto gare (inclusa quella con il Latina) ancora da disputare, con una squadra costruita su sue precise indicazioni (almeno credo!), bisognerà solo e soltanto pensare ad evitare i play-out. Non devo e non voglio difendere nessuno, ma altre considerazioni, anche condivisibili, sono da rinviare perché produrrebbero solo divisioni in un momento delicato in cui invece c’è bisogno di unità d’intenti.
Nino Ruggiero
Pienamente d’accordo!