“Ti amo, in ogni stadio te lo griderò”. Sì, è il coro della curva. Ma voi ve li ricordate i bambini delle elementari che, guidati da due compagni con il tamburo, intonano la canzone nella palestra della scuola nelle ore di lezione? È lo scorso febbraio e le videocamere di alcuni smartphone immortalano un momento – divenuto virale nel giro di poche ore – dell’incontro tra società azzurrostellata e scuola. Erano tempi bui: un gruppo di temerari e caparbi imprenditori aveva provato a salvare il salvabile, iscrivendo la squadra in serie D e garantendo la presenza della Paganese ai nastri di partenza del campionato. Quegli incontri con i più piccoli paganesi evidentemente diedero ancora più linfa alle speranze del futuro.
“È la mia città e la difenderò, sempre la sosterrò e mai la lascerò”. È una di quelle domeniche in cui la società ha aperto le porte dello stadio ai più piccoli accompagnati dai genitori. E un piccolo gruppo di giovanissimi paganesi intona in autonomia il coro della curva dal settore distinti.
Due scene, due fermo immagine, che solo chi tiene vivo il fuoco dell’appartenenza può ricordare con la pelle accapponata. Un coro come tanti, quelli che le nostre orecchie sono abituate ad ascoltare mentre due squadre si contendono la posta in palio; un ritornello familiare ma intonato da vocine nuove che ci facevano sorridere e ci davano speranza: c’è un futuro per questa Paganese – ci dicemmo sugli spalti. Eh sì, perché chiunque frequenti assiduamente le gradinate dello stadio ha notato prima o poi che l’età media degli spettatori aumenta, che serve un cambio e un confronto generazionale. Lo stesso che più volte invochiamo anche quando ci guardiamo intorno girando per la città, sempre più abbandonata dai giovani che preferiscono spostarsi altrove.
Anche per questo “Paganesi si nasce” è la più bella iniziativa extra calcistica della Paganese degli ultimi anni. La società lo ha annunciato qualche giorno fa con una nota stringata (ma il presidente in pectore lo aveva più volte anticipato in occasione di incontri pubblici): ogni bambino registrato all’ufficio anagrafe del Comune (sono quarant’anni che a Pagani non si nasce più, nda) riceverà in dono una maglietta della Paganese.
L’iniziativa è più di un regalo di circostanza o una trovata pubblicitaria: è un certificato di appartenenza che non si può più tradire; un messaggio inequivocabile di benvenuto in una comunità che ha i suoi valori e pure i suoi colori sociali. In quella maglia donata c’è il seme del legame con la città; un seme che per germogliare ha bisogno di cura: una bella parte di responsabilità è in capo ai genitori, alla famiglia, ma pure alla cosiddetta società civile, a chi ci amministra e, infine, alla squadra di calcio della città.
Coltiviamo questo seme, ridiamo linfa all’orgoglio delle radici. Forse è proprio il caso di ripartire da qui: dalla paganesità che unisce, che fa comunità e che sa risolvere i problemi (i recenti accadimenti societari parlano chiaro). Perché il calcio non è solo sport. Non lo è da nessuna parte nel mondo e non lo sarà certo a Pagani, dove invece resta uno dei rari momenti di aggregazione e di integrazione anche intergenerazionale. Ripartiamo allora da qui: questa città è la nostra casa, nel bene e nel male. Solo seminando e diffondendo la cultura dell’appartenenza potremo sperare in futuro migliore. In ambito calcistico e non solo…
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