Qualcuno mi chiede un parere sulla condotta di gara che sta caratterizzando l’attuale cammino della Paganese. Sono amici lontani, per lo più persone che, per motivi vari, non riescono ad essere presenti come vorrebbero nelle vicende del calcio nostrano. Non c’è bisogno di scrivere un nuovo trattato sul calcio; i relativi annali in materia trasudano esperienze da tutti i pori.
Di verità, il calcio ne conosce tante. Si parte dalle squadre propositive che ruminano buon calcio, per arrivare alle squadre sparagnine, quelle che giocano un calcio redditizio, senza esporsi troppo, ma che al momento propizio ti puniscono. Ognuna in verità diversa dall’altra, ognuna con sfaccettature diverse, ognuna con storie che possono anche sembrare uguali ma che uguali non sono mai.
Verità diverse, che non si riescono a decifrare compiutamente perché il calcio è bello proprio per quei misteri che lo contraddistinguono. Prendete, appunto, la Paganese di quest’anno. Una squadra costruita con criteri forzatamente parsimoniosi, con un traguardo prefissato di salvezza, affidata alle cure di Massimo Agovino. Una squadra che sembra essere sempre sul punto di decollare, ma che non riesce a prendere il volo come la fervida fantasia dei suoi sostenitori vorrebbe.
Ultima esibizione in trasferta a Manfredonia e ulteriore delusione per un risultato poco soddisfacente. Alti e bassi nel rendimento della squadra la fanno da padroni. Probabilmente avrete avuto modo di leggere il solito pagellone che ha sintetizzato il comportamento dei singoli e non mi dilungo sull’andamento della partita.
A volte sembra che tutto giochi per il verso giusto; i calciatori – una volta interessati – rispondono come meglio non potrebbero alle sollecitazioni del proprio allenatore; il gioco non si fa attendere e unanimemente vengono riconosciute al suo condottiero qualità taumaturgiche in fatto di tattica e proprietà di schemi.
Purtroppo c’è un “ma” per la Paganese nel suo percorso di squadra rivelazione che viene azionato come un freno a mano proprio nel momento in cui la squadra dovrebbe dare il massimo della sua esplosività offensiva. Un “ma” rappresentato dalla scarsa penetrazione offensiva per una compagine che non riesce a trasformare una presunta superiorità di gioco in oro colato; quella che qualche una settimana fa ho etichettato come pietra magica o più semplicemente “pietra filosofale”.
In parole povere, la squadra – come quasi tutte le compagini che fanno ricorso a giovani di talento – non riesce a trasformare l’ardore, l’entusiasmo, la voglia di emergere, in energia positiva e alla fine quella che può sembrare una supremazia di ordine tecnico-tattico rimane fine a se stessa.
Ci sono rimedi? Si può ovviare con il lavoro e con applicazioni precise a colmare queste manchevolezze? Non credo. Credo invece che determinate caratteristiche realizzative in zona gol (che gli esperti chiamano fiuto) o si hanno, o non si hanno. Per questo mi sono convinto di accettare una squadra che – nel bene o nel male – quest’anno ha saputo darsi un contegno. La Paganese è una bella realtà e non va rifiutata nel suo insieme. È una squadra soggetta ad alti e bassi come tutte quelle che puntano a valorizzare giovani. Per questo tipo di programma vanno incoraggiati non solo gli atleti che la compongono ma anche tutti coloro che hanno contribuito a formare un progetto che si spera possa durare nel tempo e con migliori fortune.
Faccio un’ultima considerazione; tutti vorremmo avere tra le mani una squadra vincente per ritornare presto nel calcio che conta. È importante però anche che si possa pensare al futuro dopo aver dimostrato che è possibile guardare lontano.
Per il momento, purtroppo, è così.
Siamo così, facciamocene una ragione!
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