Avrei voluto stilare il solito pagellone di fine partita. Non posso farlo. Sono riuscito a vedere solo il primo tempo della partita sulla piattaforma televisiva predisposta dalla Palmese. Troppo poco per stilare graduatorie di merito (o di demerito?). Dopo l’intervallo, alla ripresa del gioco, non è stato più possibile vedere le immagini della gara e non certo per mancanza di linea internet, quanto per manchevolezze tecniche di chi era deputato a trasmettere la partita, peraltro a pagamento. Un secondo tempo visto e non visto, più immaginato che visto (credo che il fenomeno sia stato collettivo per numerosi utenti televisivi) con immagini che andavano e venivano con la stessa intermittenza che caratterizzano le luci di un albero di Natale.
Primo tempo. Dov’era la Paganese delle ultime esibizioni? Non voglio riferirmi a quella del periodo più bello, quella delle vittorie su Barletta e Matera. No, mi riferisco alla squadra che, pur mancando l’appuntamento con la vittoria contro Rotonda e Fidelis Andria, aveva lasciato una lunga scia di rimpianti: bel gioco e pochi punti.
Contro la Palmese, la Paganese ha lasciato parecchio a desiderare. Si è intestardita in un palleggio senza fine al limite della sua area nella vana speranza di fare uscire l’avversaria dal guscio; palleggio stucchevole che non ha mai trovato sbocchi in avanti. Io passo a te, tu passi a me, per un tempo lunghissimo.
È vero che la squadra ha un suo modo di giocare e non può cambiarlo dalla sera alla mattina, ma quel palleggio deve poi trovare una via d’uscita e deve essere propedeutico per una manovra a largo raggio. In altre occasioni, la squadra è riuscita a ragionare, a palleggiare e a inserirsi poi in avanti. La Palmese, dal canto suo, ha solo raccolto graziosamente quanto gli avversari le hanno offerto su un piatto d’argento e ha segnato con una facilità irrisoria; prima, grazie a uno sfortunato tocco deviato in rete da De Feo; poi, con un tap-in ravvicinato di Fusco su respinta corta di Pinestro.
Due a zero il risultato. Sconfitta meritata, questa volta senza “se” e senza “ma”, che forse chiarisce una volta per sempre che il traguardo da perseguire in quest’annata è solo quello della salvezza. Qualche riflessione in merito credo sia giusto farla.
Fin dal primo momento, quando al direttore Accardi è stato chiesto di allestire una squadra con un determinato budget di spesa, si era un po’ tutti convinti che non sarebbe stato un cammino cosparso di rose e fiori. Poi la squadra, giovane e sbarazzina, si è messa in moto e, sotto la sapiente guida di Massimo Agovino, ha preso a giocare bene e a vincere pure. Le aspirazioni dichiarate – in punto di pensiero – hanno fatto il resto; “dobbiamo salvarci, non vogliamo la luna. Poi, tutto quello che viene è guadagnato”. Con tali convinzioni sono arrivati risultati confortanti; leggero era il peso da sopportare e poi qualche sconfitta non avrebbe allarmato. Ma, si sa, anche nel calcio l’appetito vien mangiando e – con l’arrivo di risultati e prestazioni di rilievo – la fantasia si è liberata senza fare i conti con la realtà.
La realtà oggi, con la sconfitta di Palma Campania, ci dice che la squadra non ha i numeri per aspirare a grossi traguardi. È triste ammetterlo ma è così.
Riflessione finale. Ogni squadra – sia che pensi in grande, sia che abbia un traguardo di minima – deve basare la sua forza affidandosi alle certezze, ad atleti navigati e in grado di offrire prestazioni rassicuranti. In tale ottica dovrebbe forse muoversi per il futuro il bravo Agovino che non può ignorare il momento delicato di una difesa che sta incassando troppi gol. Intendiamoci, nel calcio i gol arrivano in tanti modi; per bravura degli avversari, ma anche per errori difensivi. Per i primi c’è poco da fare; per i secondi, se gli accorgimenti messi in opera non portano agli effetti sperati, c’è solo da rivisitare il reparto.
Credo che ci siamo capiti.
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