Ritroviamoci il venerdì
Stavolta modificherei il titolo di questa rubrica. Direi “salutiamoci il venerdì” invece del solito “ritroviamoci il venerdì” perché oggi è il momento del saluto dopo un anno di viaggio intrapreso insieme, non senza aver fatto qualche riflessione.
I viticultori sanno che non sempre riescono a produrre vino buono alla fine del ciclo di raccolta delle uve e della relativa vendemmia. Non so se avete mai sentito l’espressione “non è stata una buona annata”.
Ecco, parafrasando la stessa espressione, dobbiamo convenire che per la Paganese l’annata calcistica non è stata per niente buona.
I motivi di questa brutta annata sono molteplici; inutile pensare solo a singoli episodi perché non andremmo da nessuna parte. Si deve partire sempre dalla programmazione. Niente nel calcio si improvvisa quando si deve allestire una squadra. Si devono indovinare gli acquisti che costituiranno l’asse portante della squadra; si devono conoscere i giovani di valore che andranno a completare l’organico. Chi dice il contrario o è in malafede o non s’intende di calcio.
Purtroppo la squadra ha dovuto sempre fare i conti con l’improvvisazione e – a gennaio – con l’emotività del momento. E in un campionato di professionisti questo non è possibile.
Mi dispiace dirlo, ma di programmazione da qualche anno a questa parte ce n’è stata davvero poca. Improvvisazione sì, invece, e anche molta. Significativo a fine luglio scorso, in proposito, l’episodio della partenza per il ritiro precampionato con una risicata pattuglia di ardimentosi. Purtroppo bisogna convenire che i risultati ottenuti sono figli proprio dell’improvvisazione. E’ vero, Raffaele Trapani e i suoi amici hanno fatto di tutto per evitare la retrocessione diretta. E’ vero anche che in un disperato, quanto necessario tentativo di rimonta, a gennaio la squadra è stata rivoltata come un calzino. Ma, alla luce di quelli che sono stati i risultati, bisogna dire che – nonostante la rivoluzione di gennaio, apprezzabilissima per le buone intenzioni mostrate – alcune determinanti carenze di ordine tecnico sono comunque emerse a più riprese.
Tali carenze hanno costretto la squadra a puntare solo e sempre sulla forza della sua difesa.
Dalla cintola in su – quando c’era bisogno di arrivare alla vittoria – la squadra ha sempre stentato a manovrare. E’ inutile che qualcuno cerchi di tirare in ballo fortuna e sfortuna. Le due fasce laterali, ad esempio, vere e proprie corsie di lancio per squadre che vogliono arrivare al gol, sono risultate quasi sempre appannaggio degli avversari di turno. Da gennaio in poi, solo in poche occasioni abbiamo potuto ammirare qualche sporadico e generoso slancio offensivo, soprattutto da parte di Imparato che, specie all’inizio, era sembrato straripante e portatore di una insperata ventata di freschezza atletica.
E’ noto che ogni atleta reagisce in modo diverso alle sollecitazioni atletiche che gli vengono richieste. C’è chi ha bisogno di tempo per raggiungere una forma accettabile, c’è chi invece ha insperate energie che sprigiona tutte in una volta, pur non essendo all’apice della condizione fisica. C’è invece chi – ed è la regola – deve riacquistare la forma gradatamente perché deve prendere quello che si chiama in gergo “ritmo partita”.
Sarebbe fin troppo facile adesso enumerare tutte le disfunzioni e tutte le incongruenze emerse nell’arco di una intera annata calcistica; me ne astengo perché sarebbe come rigirare il coltello in una piaga, e non è proprio il caso.
Mi auguro tanto che tutti gli errori compiuti quest’anno e le umiliazioni subìte possano suonare di insegnamento per il futuro. So che Raffaele Trapani attraversa un periodo di grande sconforto. Chi non lo attraverserebbe – mi chiedo – dopo aver fatto di tutto, in termini di buona volontà, per salvare baracca e burattini?
Credo anche, però – alla luce delle tante esperienze maturate in questi anni – che proprio Trapani possa degnamente rappresentare l’uomo della rinascita e che giammai – da uomo temprato a tutte le battaglie, ancorché voglioso di una sana rivincita – possa mai esclamare la frase, da tutti temuta, che rese celebre Luigi XV, re di Francia: “Dopo di me il diluvio”.
Sarebbe una grossa iattura per Pagani e per la Paganese.
Nino Ruggiero
(Trasmissione “Azzurrissima” di Telenuova, venerdì 20 maggio 2011)
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