Un racconto di Nino Ruggiero
Era come se una nube intensa penetrasse nell’aria frizzante dell’incipiente primavera. Era una coltre di un colore una volta grigio scuro, a volte grigio chiaro, ma – a differenza di altre nubi – saliva verso l’alto e non viceversa. Era una cortina fumogena che appariva e scompariva a seconda della direzione e dell’intensità del vento, e così, come girava il vento, sentivi e non sentivi, in lontananza, un profumo inebriante che sapeva di arrosto, ma arrosto non era. Quel giorno Filucciello, all’età di sei anni, scoprì in via Perone, lassù in cima al paese, dove le viuzze sembrano sentieri di montagna e s’inerpicano verso la Torretta, la tradizione del carciofo arrostito.
Era la domenica successiva a quella di Pasqua e nonna Nannina aveva portato il suo nipotino a vedere la processione della Madonna delle Galline. “Dobbiamo andare nel cuore della festa – aveva spiegato con il tono e con l’affetto che una nonna può nutrire per il suo nipote prediletto – vedi, la festa della Madonna delle Galline si vive a Casa Marrazzo ed a Casa Campitiello. Andiamo …”
E andarono. Passarono davanti alla Chiesa della Madonna, quando mezzogiorno era scoccato da un pezzo, ma dentro non c’era nessuno. La sacra statua era già in processione dalle nove di mattina.
“A quest’ora – disse la nonna, cogliendo l’attimo di stupore del nipote alla vista della chiesa vuota – la Madonna sarà a via Perone perché deve passare di là prima dell’ora di pranzo …”
Anche Filucciello aveva fame ed ebbe ancora più fame quando avvicinandosi a Casa Marrazzo cominciò a sentire il profumo di quello che gli sembrava inizialmente provenire da una brace con sopra un arrosto di vitello. La visibilità diminuiva dopo aver passato la Chiesa Madre del Corpo di Cristo, in prossimità delle Croci, a due passi dalla cantina dello “Gliuommero”.
Una coltre impenetrabile di fumo impediva addirittura la normale visibilità.
“Cammina – gli disse la nonna, rassicurandolo – non è niente; sono solo i carciofi arrostiti che bruciano l’olio. Migliore è la qualità dell’olio con il quale sono conditi e più fanno fumo. Senti che profumo … poi dopo andiamo pure noi a mangiare …”
Più su non ci si vedeva ad un palmo dal naso. Fornacelle e braci ovunque; ogni portone, ogni cortile, ogni casa, ogni basso aveva i suoi carciofi da arrostire e la tradizione voleva che il fuoco ardesse a tutta proprio al passaggio della statua della Madonna.
“Arriva, arriva – gridò a squarciagola una popolana – sta arrivando …”
Da uno squarcio di luce, in lontananza, apparve la statua della Madonna. Il fumo denso di qualche minuto prima parve diradarsi; si sentiva intorno solo un profumo che ti entrava nei polmoni e sembrava saziarti anche se avevi lo stomaco vuoto. Dai balconi imbandierati, addobbati con preziose coperte damascate, qualcuno lanciò una colombella che fece giusto un mezzo giro, spaesata com’era, e poi si posò sulla corona della Madonna, come se avesse trovato il suo sicuro rifugio. Il tutto mentre la banda del paese intonava la solita marcia che non ha mai un nome, ma che tutti conoscono a memoria, tra botti e tracchi che caratterizzano la festa ed esprimono rumorosamente la gioia e la devozione del popolo verso la Madonna.
Nonna Nannina guardò il suo nipotino e gli sguardi si incrociarono.
“Nonna, non ti preoccupare – disse Filucciello, ammiccando anche un sorriso malizioso – non ho più fame. Possiamo rimanere quanto vuoi, sono sazio già del profumo che si sente nell’aria.”
Ah! Che bello, il carciofo arrostito! Che buon odore!
Un profumo senza età per una tradizione che si rinnova …
Ne sento quasi l’odore, anzi il profumo. Mi piace molto il racconto