Non è andata proprio nel modo migliore con l’Avellino, non tanto per le aspettative deluse quanto per una partita che poteva essere gestita meglio. Un pareggio, però, per una squadra come la Paganese, che deve saper gestire le poche risorse di cui dispone, può anche essere accettato. Resta la delusione in casa azzurro stellata per un risultato che a un certo punto della gara, specie dopo aver messo a segno il rigore con Diop, sembrava potesse volgere a proprio favore; a maggior ragione perché in vantaggio numerico su un Avellino ridotto in dieci uomini. Niente. Ancora una volta, nel momento in cui era attesa la definitiva consacrazione di una potenzialità appena intravista nelle ultime esibizioni, la squadra ha dovuto fare i conti con le sue fragilità che non sono solo di natura tecnica.
Eppure, bisogna riconoscerlo, i ragazzi in maglia azzurro stellata non si sono risparmiati; ma stavolta – come capita assai spesso nel calcio – le gambe hanno tradito il pensiero. Volevano fare chissà che, ma le energie erano spente e l’Avellino, con un uomo in meno, è riuscito a fare un figurone. C’è però da dire che Alessandro Erra ha dovuto fare i conti con una ridotta disponibilità di elementi da utilizzare e che giocoforza ha dovuto schierare i calciatori utilizzati appena tre giorni prima a Viterbo.
Resta il rammarico per il risultato. Ma per gestirlo bisogna avere inquadrature di livello, con elementi di mestiere, di calciatori che sappiano giocare la palla a centrocampo. E in questo non ci siamo.
Il discorso sulle potenzialità della Paganese è in ballo e va fatto. Tutti vorremmo vedere all’opera una squadra vincente che riuscisse a tradurre in punti quello che esprime in campo dal punto di vista agonistico. Ma questa è una squadra che deve fare i conti con molte verità, anche scomode.
Partiamo dall’inizio e quindi partiamo dalla squadra dello scorso anno che si era ben comportata, anche se con alterna fortuna. Per quella squadra, per cercare di migliorarla, sarebbero bastati un paio di buoni innesti, diciamo innesti mirati. Questo è il ragionamento che fa un giornalista che vive la realtà, al di fuori di logiche societarie e dinamiche di mercato. Ma è anche il ragionamento di chi, da tifoso e appassionato, segue le sorti della propria squadra. In linea teorica è così, non si discute. Poi, c’è la vita di tutti i giorni; c’è la realtà che è ben diversa da quella che uno vorrebbe vivere. Ci sono i problemi di chi deve sobbarcarsi oneri inimmaginabili per i comuni mortali. Ci sono intoppi di varia natura; c’è difficoltà a fare quadrare i conti, ci sono richieste economiche da parte di calciatori che non è possibile accontentare. Così, quello che parrebbe essere una soluzione semplice, per motivi che comunque non conosciamo, se ne va a carte quarantotto. Intendiamoci, nel calcio non c’è mai niente di certo; se fossero stati innestati un paio di elementi sull’ossatura dello scorso anno, non è poi detto che la squadra avrebbe volato. Lo dimostrano squadre del girone che, sulla carta, si sono rinforzate, rispetto alla squadra dell’anno precedente, ma che stentano comunque a decollare (è il caso del Monopoli, Catania e Casertana).
E’ andata come è andata, la Paganese di oggi, pur rivoluzionata rispetto alla compagine dello scorso anno, mantiene tutte le potenzialità di una squadra che di sicuro non può fare voli pindarici ma che può disputare un campionato onorevole; che, tradotto, significa arrivare ad una salvezza tranquilla.
Volete di più? Tutti vorremmo avere qualcosa in più dalla vita, ma dobbiamo saper misurare i passi e non farne mai più lunghi della gamba. Mentre facevo queste considerazioni, mi chiama un caro amico a telefono. “La Paganese ha pareggiato? Va bene, ci rifacciamo domenica a Palermo!”.
A Palermo? E quando mai la Paganese ha giocato a Palermo? Se qualcuno me lo avesse detto una ventina di anni fa, lo avrei preso per pazzo. Sì, la Paganese domenica gioca proprio allo stadio “Renzo Barbera”, già “Favorita” di Palermo, un terreno di gioco prestigioso, calcato da squadre come l’Inter, il Milan, la Juventus, il Napoli. E volete che per un momento non ci scordiamo del pareggio interno con l’Avellino; che non ci sentiamo orgogliosi di calpestare l’erba di un campo che per tanti anni ha ospitato squadre di serie A; che forse, infine, è il caso di dire grazie, una volta ogni tanto a Raffaele Trapani?
Nino Ruggiero
Quando le gambe tradiscono il pensiero
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