Cifre alla mano, non c’è molto da stare allegri in casa Paganese. Non solo c’è poco da stare allegri, ma addirittura, man mano che ci si avvicina al termine del campionato, ci si rende conto di avere un piede e mezzo più di là che di qua.
Delle speranze di salvezza, dopo il pareggio di Vibo Valentia, purtroppo è rimasto ben poco. I pareggi sono buoni e valgono quando si rispetta in toto un cammino lineare; non certo quando si deve rincorrere e bisogna recuperare affannosamente su avversarie che non sono mai ferme.
I sogni purtroppo vengono polverizzati dalla realtà. Le gare di susseguono una dietro l’altra tra pareggi e battute di arresto e, quando mancano cinque turni alla fine, scopriamo che il distacco dalla penultima non cambia e non si riduce. Dodici erano i punti che dividevano la Paganese dal Bisceglie e dodici in pratica sono ancora oggi, con l’aggravante che le partite da giocare diminuiscono; e con esse anche la speranza di contenere nei famosi otto punti il distacco in classifica nei confronti della squadra pugliese che consentirebbero agli azzurrostellati di giocarsi la carta dei play out.
In verità si era pensato nelle scorse settimane (si sa oramai – a forza di fare conteggi e previsioni – siamo diventati tutti ragionieri) di poter fare la corsa salvezza anche sul Siracusa. Perché? Perché pare che la squadra siciliana non abbia rispettato le scadenze di pagamento relative alle spettanze dei calciatori; motivo per cui dovrebbe subire delle penalità in termini di punti in classifica. Il Siracusa però ha risposto subito sul campo in trasferta contro la Sicula Leonzio; non solo non ha perso ma addirittura ha colto l’intera posta in palio.
A questo punto, quando mancano cinque turni alla fine (con la vittoria già assicurata sul retrocesso Matera), la Paganese dovrà giocare sul campo quattro partite. Tre in casa con Rieti, Virtus Francavilla e Viterbese; una sola in trasferta sul campo del Trapani.
La matematica non condanna i sogni; è possibilista ancorché sia fredda, rigida e asettica. Quello che manca alla matematica in termini di sentimenti, di calore e di passione dovrebbe essere aggiunto da una squadra che non può e non deve rassegnarsi a cedere le armi alle avversarie che troverà sulla strada della disperazione. Ma può una squadra, che ha avuto un rendimento osceno e irritante per tutto il girone di andata, tutt’ad un tratto – anche se rinforzata a febbraio con elementi di indubbio valore – riscoprire qualità che non si sono mai viste? Ecco l’interrogativo che angustia coloro i quali non si rassegnano al peggio.
Resta poco di un sogno cullato fino all’inverosimile. Una salvezza maturata sul campo non ha mai prezzo, anche se dovesse arrivare sul filo di lana.
Altre salvezze sono bene accette, sia chiaro. Ma avrebbero tutto un altro sapore. Ci siamo capiti.
Nino Ruggiero
Quel che resta di un sogno
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