Sono finiti i sostantivi, gli aggettivi, gli attributi; forse è il momento di salutare a malincuore la letteratura sportiva che aveva caratterizzato il cammino della Paganese lungo oltre novantanni di calcio.
I momenti brutti nella storia della Paganese non sono mai mancati; basta sfogliare le pagine del primo libro “Paganese, 80 anni di calcio” per rendersene conto. Poi, però c’è sempre stato uno scatto di orgoglio anche da parte di dirigenti che non navigavano proprio nell’oro. Alti e bassi l’hanno fatto sempre da padroni; un anno nella polvere, un altro sugli altari. Quello che però non mancava mai era il fervore di una schiera di appassionati che si faceva sentire, che viveva il calcio come una cosa propria, che frequentava la sede sociale, che affollava il terreno di gioco cittadino anche durante la settimana. Oggi è tutto molto asettico: la squadra non ingrana, la sede sociale è dislocata in periferia, gli allenamenti si tengono sempre fuori città. Manca l’elemento umano che aveva sempre contraddistinto la passionalità del popolo paganese pronto ad infervorarsi alla notizia di un possibile elemento da ingaggiare. Manca tutto questo, mancano le emozioni che suscita il calcio, ma mancano soprattutto i risultati, che costituiscono il vero metro di valutazione di una squadra orfana di esperienza.
Oggi – dopo aver assistito inermi all’ennesima “debacle” contro una squadra ritenuta abbordabile – c’è ben poco da dire. Adesso lo possiamo dire con dati di fatto incontrovertibili: di squadre abbordabili nel girone non c’è nemmeno l’ombra per la Paganese. Abbordabile, vista la classifica, doveva esserlo il Rieti, apparsa invece sul campo squadra di fenomeni (e abbiamo visto come è andata a finire!) e non lo sarà il Matera che ho visto proprio ieri maramaldeggiare contro il Rende.
Allora, come la mettiamo?
Cosa si può o si deve dire ancora dopo aver sottolineato in ogni occasione che l’attuale Paganese è squadra inadatta per questo tipo di campionato perché costruita male?
In questo momento – è amaro constatarlo – la Paganese appare come quell’imputato che, chiamato in Tribunale, davanti alla Corte, ha poco da difendersi perché non ha alibi, non ha attenuanti e viene assistito per la difesa da un avvocato d’ufficio pronto a chiedere stancamente “mi rimetto alla clemenza della Corte”.
Nessuno, nell’ambiente sportivo locale, è riuscito a capire le strategie future della società azzurro stellata. Forse è vero che si punta molto per salvarsi sulle disgrazie amministrative di altre squadre che non sono in regola con i criteri fissati dalla Lega.
Ma ci chiediamo un po’ tutti: è calcio questo?
Nino Ruggiero
Ci rimettiamo alla clemenza della Corte
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