Dalla gara con l’Atletico Lodigiani è venuta fuori una verità incontrovertibile ma amara per chi segue le sorti degli uomini in maglia azzurrostellata. Il verdetto del campo è inoppugnabile e non ammette repliche; raggiunge anche gli scettici, quelli che hanno sperato fino all’ultimo in una clamorosa rimonta nei confronti delle prime in classifica.
A questo punto del campionato, sarà forse il caso di convenire che l’attuale squadra deve rinfoderare le malcelate ambizioni di primato. È una buona squadra, ma non ha le stimmate per aspirare a traguardi di prima grandezza.
Dalla partita in terra romana e dal contesto della gara si è capito anche un’altra cosa: la svolta tattica delle ultime settimane, che aveva portato la squadra a diventare sfacciatamente offensiva con lo schieramento in contemporanea di quattro uomini di attacco, non può portare a risultati esaltanti perché purtroppo la squadra perde in compattezza ed equilibrio. Non c’era bisogno della zingara per saperlo, a dire il vero, ma in un momento in cui era necessario rincorrere, avendo sempre come obiettivo il raggiungimento delle prime posizioni di classifica, era anche lecito tentare di dare una sterzata di ordine tattico a tutta l’inquadratura. Ecco spiegato il motivo del tentativo di dare una svolta più offensiva alla squadra. Purtroppo, o per fortuna, il calcio ha le sue regole e se ti sbilanci troppo in avanti, devi poi avere anche la forza di contare su difensori farmacisti che non sbagliano un intervento e che devono vedersela uomo contro uomo proprio per il fatto di non poter contare su adeguati filtri nella zona centrale del campo assicurati dall’equilibrio tattico.
Ricordate la storiella della coperta troppo corta? Se troppo corta, la coperta può servire a coprire la testa oppure i piedi. La Paganese ha proprio tale tipo di coperta (che non può essere elastica, o allungata a piacere).
Il discorso tattico che investe la composizione di una squadra di calcio è facile e complicato al tempo stesso. L’attuale Paganese è stata costruita con determinati parametri di ordine tattico, tenendo ben presenti le caratteristiche degli uomini ingaggiati, con l’intento di disputare un buon campionato; niente di più. Il programma – a dire il vero – è rispettato in pieno.
Sapete tutti però quanto sia delicato il mestiere di un allenatore di calcio che viene messo in discussione quando i risultati non corrispondono a quelli sperati; ma è lecito chiedersi: è il caso forse di Raffaele Esposito? In che cosa avrebbe fallito? Non aveva forse chiarito con i responsabili della società che quello di quest’anno sarebbe stato solo un anno di transizione? Se così è, e lo è, in che cosa l’allenatore avrebbe fallito? Forse per aver fatto sognare in grande – nel periodo di dicembre – la gran massa degli sportivi? Di certo Esposito aveva in mente fin dal ritiro di seguire un suo credo tattico e su quello ha lavorato per migliorarlo. Si spiegano così gli innesti di Ricci, D’Angelo, Malvestuto, Fierro e Pellino.
Oggi, la disputa di un buon campionato è a portata di mano, e ci siamo; altra cosa è il delicato e tortuoso discorso che investe il primato. I saggi dicevano in tono forbito, e in vernacolo: “chi nasce tondo non può diventare quadro”.
Ecco, una squadra nata in un modo non può diventare diversa, con le stesse unità, anche rivoltandola come un calzino.
È così, facciamocene una ragione. Probabilmente per ambire a qualcosa in più ci sarebbe stato bisogno di altri acquisti, di caratura e spessore diverso.
Per un certo periodo, nemmeno troppo lontano, abbiamo solo fatto svolazzare senza freni la fervida fantasia del tifoso.
Per adesso dobbiamo accontentarci di avere una società pronta innanzitutto a sanare il debito con l’erario.
Non è molto ma non è nemmeno poco. Speriamo bene!
(foto Paganese calcio)
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