Ancora una buona esibizione della Paganese in questo inizio di campionato. Sul neutro di San Pancrazio Salentino, la squadra azzurrostellata è riuscita a pareggiare una gara che pareva esserle sfuggita di mano a causa di un inizio travolgente da parte degli avversari.
Ora, sono sempre dell’avviso che per poter commentare un risultato sia necessario partire dalle aspettative di piazza e di società. A Pagani, in un momento assai delicato per le sorti della quasi centenaria squadra di calcio, con l’estate alle porte, c’è stata unità di intenti tra le componenti che gravitano intorno a un pallone di cuoio. Il pericolo della scomparsa del calcio in città volteggiava come un corvo in attesa di azzannare la preda. Momenti delicati, bui, tristi, quasi disperati. Riusciamo o non riusciamo a fare ripartire la gioiosa macchina delle emozioni da stadio? Ci riusciamo: ecco la risposta da parte di una decina di imprenditori e professionisti coadiuvati dal notaio Calabrese e dal sindaco De Prisco.
Aspettative? Una squadra giovane affidata a Massimo Agovino, allenatore carismatico, esperto della categoria. Aspirazioni? Un campionato tranquillo; primo traguardo la salvezza.
Una volta sgomberato il campo da possibili equivoci, tutti si sono immedesimati in ottica salvezza. La tifoseria, anche quella più accesa, ha capito, ha compreso e ha condiviso il progetto. Tutto quello che viene in più è ben accetto, sia chiaro.
Cosa voglio dire con questo preambolo? Per prima cosa che ci sono tutte le premesse perchè la squadra possa esprimersi al meglio. Lo può fare perché l’allenatore non ha pressioni e può sperimentare tutte le sue idee. Lo può fare perché è stata costruita con sani e specifici criteri di ordine tecnico-tattico. Lo può fare perché si vede da lontano un miglio che gli atleti pendono dalle labbra del loro allenatore. Lo può fare, e lo fa, quando gioca un calcio di avanguardia con movimenti frenetici e allo stesso tempo ragionati; aggredisce gli spazi, si propone in avanti non solo con gli esterni e con il finto centravanti. Lo può fare con scioltezza, senza paura di sbagliare perché composta da giovani che devono ancora crescere ma hanno nelle corde tutte le qualità per migliorare e per imporsi. Lo può fare, infine, perché non deve vincere per forza e perché sa che la piazza non esige alcunché proprio perché conosce tutte le traversie che hanno accompagnato la società negli ultimi tempi.
Ecco il preambolo di cui parlavo. Non è così?
Allora, quando parliamo del pareggio conseguito con il Gallipoli, da un lato verrebbe voglia di dire che si poteva anche vincere; da un altro – più coerentemente – bisogna riconoscere che a un certo punto della partita, e parlo dei primi venti minuti di gioco, ci poteva essere addirittura il tracollo se l’arbitrio non avesse annullato il gol del possibile due a zero per un fuorigioco discutibile.
Il pareggio può andare bene, anzi va senz’altro bene per una squadra che deve pensare a salvarsi il prima possibile. Per altri traguardi, diamo tempo al tempo.
Della partita ho detto quasi tutto stilando il consueto pagellone che trovate qui.
Ora, se è vero che la squadra gioca un buon calcio, di certo molto propositivo, è altrettanto vero che qualcosa deve migliorare nella fase di non possesso, quando cioè sono gli avversari ad avere tra le mani il pallino del gioco. Venti minuti iniziali della partita ci hanno consegnato una squadra timorosa, incerta, quasi imbambolata mentre il Gallipoli premeva il piede sull’acceleratore e accerchiava l’intera difesa. Su questo aspetto, Agovino dovrà lavorare a lungo perché non è solo questione di centimetri sui palloni alti, quanto di applicazione ferrea nelle marcature. I gol si possono incassare in tanti modi; per prodezze e per bravura degli avversari, ma non per disattenzioni difensive. E questo vale per tutte le squadre, anche per quelle che devono salvarsi.
(foto Asd Città di Gallipoli)
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