Comincia bene il cammino della Paganese in campionato. Contro un Barletta che non ha badato a spese per allestire una squadra di assoluto valore tecnico, la giovane compagine azzurro stellata, affidata alle cure di Massimo Agovino, è andata al di là di ogni più rosea aspettativa. Vittoria preziosa, forse striminzita nel punteggio, ma che non può minimamente essere messa in discussione per quello che la squadra ha mostrato di saper fare soprattutto nella prima frazione di gioco, durante la quale ha inequivocabilmente messo in serio imbarazzo l’assetto tattico della squadra pugliese.
Gran bel lavoro quello dell’allenatore della Paganese, che ha il merito di aver messo su una squadra equilibrata e solida nel suo assetto tattico. La sua intuizione lo ha portato ad affidarsi a De Feo, giovane elemento locale, per sostituire Faiello, beniamino del pubblico, incappato nella fase finale dello scorso campionato in tre giornate di squalifica. Ebbene, proprio De Feo, alla fine è risultato uno dei migliori e ha saputo interpretare egregiamente, al di là delle aspettative, lo spartito tattico che Agovino aveva preparato per lui a tavolino.
Con De Feo, sulla fascia destra, si è sbizzarrito ancora una volta una delle liete sorprese di questo inizio campionato: Mancino. Che banda, quella preparata da Agovino, con Orefice e Porzio – centrocampisti aggiunti – pronti ad infilarsi negli spazi come veri e propri moschiglioni impazziti.
Una banda diretta dall’onnipresente Langella, pilastro indiscutibile dell’architrave tattica, coadiuvato da Del Gesso e da Coquin nella zona centrale del campo, proprio nella zona dove si vincono le partite. Una banda che contro il Barletta, nel primo tempo, è riuscita a interpretare il moto perpetuo del calcio; il gioco a fisarmonica che non dà riferimenti: tutti dietro e tutti avanti a seconda del possesso del pallone. Questi atleti, battezzati come “universali”, costituiscono al momento la forza di una squadra come la Paganese che deve costantemente guardare al bilancio societario.
Che gioco attua la nuova Paganese? Non amo parlare di numeri. Questi benedetti numeri mi danno sempre l’impressione di schieramenti statici, da scrivania o da lavagna; il calcio non può essere paragonato a una partita a scacchi o a dama. I numeri ti fanno scordare che sul campo ci si danna l’anima, che si va avanti e indietro; sono numeri che fanno a pugni con l’aspetto dinamico e agonistico di una partita di calcio. Dico solo che una difesa schierata a quattro, per un principio di ordine tattico, mi sembra la migliore soluzione per una squadra che deve soprattutto essere equilibrata e non scompensata.
Devo dire, a onor del vero, che la Paganese vista all’opera contro il Barletta è sembrata ben diversa da quella dello scorso anno. Ha sicuramente qualche elemento in meno in fatto di classe, esperienza e mestiere ma è sembrata bene organizzata e disposta in campo; con elementi che sanno fare di tutto: sanno difendere, sanno accorciare sugli avversari in possesso di palla, sanno smarcarsi e correre senza palla, sanno cambiare gioco con sventagliate sulle due fasce per mettere in crisi gli apparati difensivi degli avversari di turno.
L’allenatore Agovino è un furbo di tre cotte, oltre a essere un buon stratega. Si è reso conto del materiale umano a disposizione e si è inventato un attacco con tre attaccanti agili e sguscianti che danno pochi punti di riferimento ai difensori centrali delle squadre avversarie. Lo ha fatto a Santa Maria di Castellabate in Coppa Italia e lo ha fatto contro il Barletta. La mossa ha spiazzato soprattutto l’allenatore Ginestra, costretto a cambiare qualcosa nella sua difesa in corso d’opera.
Nel primo tempo, Mancino, Orefice e soprattutto Coquin sembravano tanti “moschiglioni” impazziti, che con il loro moto perpetuo e con un pressing asfissiante impedivano agli avversari di prendere il sopravvento nella zona centrale del campo. E non è tutto: gli stessi Mancino, Orefice e Coquin erano prontissimi a ripartire per fare male alla difesa avversaria, forti anche della presenza di Langella, autorevole gestore del gioco, sempre più elemento fondamentale in cabina di regia.
Mi sento di dire che sulla vivacità, sull’universalità tattica dei calciatori citati, Agovino potrà costruire le sue fortune da allenatore. Solo che le partite durano oggi 90 e più minuti e la Paganese del secondo tempo ha dovuto interpretare un copione diverso; quello della squadra che deve difendersi dagli attacchi avversari. Lo ha fatto bene, per la verità, ma spesso è andata in affanno perché in campo ci sono pur sempre avversari che non hanno lesinato per allestire squadre competitive. Su questo aspetto, Agovino dovrà trovare le opportune contromisure tattiche.
Per il momento godiamoci una bella vittoria e andiamo cauti con i giudizi positivi. Come una rondine non fa primavera, così una vittoria non fa grande una squadra.
Importante era cominciare bene, anche per una questione di autostima. E la Paganese lo ha fatto bene
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