Erano loro che dovevano riportare in auge la Paganese; e lo hanno fatto. Quelli della vecchia guardia, quelli che sono stati sulla graticola per tre settimane durante le quali la squadra aveva dato segni di cedimento strutturale, si sono presentati all’appello e hanno ribadito con forza e determinazione che loro sono lì, pronti a ribaltare tutte le paradossali e ingenerose teorie inerenti Inps e dintorni del pianeta calcio.
Sugli scudi la vecchia guardia: Zito, Murolo, Tissone, Piovaccari e Castaldo. Una specie di moschettieri del re, di Gianluca Grassadonia.
C’era bisogno di qualcuno che, dopo le disfatte patite negli ultimi tre turni, prendesse per mano la squadra e la indirizzasse sui giusti binari.
Eccoli. Si è presentato sin da subito Antonio Zito, schierato a sorpresa nella zona centrale del campo, quella zona che una volta, agli inizi della carriera, lo voleva centrocampista di grande talento, stella nascente, titolare di maglia numero dieci (il che è tutto dire!) nel Sorrento. Zito ha fatto stropicciare gli occhi per la naturalezza e la disinvoltura con la quale si è presentato, da vero leader, in campo; ha poi sfoderato una prestazione da incorniciare, al di sopra delle righe, piacevole sorpresa per i tanti che fino a quel momento – dopo fugaci apparizioni – lo avevano visto come un oggetto misterioso, una specie di Ufo.
Punto di riferimento costante per tutta la squadra, Zito si è presentato in una condizione fisico-atletica invidiabile; dai suoi ripiegamenti difensivi, nella fase di non possesso, ha beneficiato tutta la fase difensiva della squadra; dal suo magico piede sinistro sono partiti i palloni più intriganti per le manovre di attacco; le sue poderose accelerazioni, nella fase di possesso, hanno dato linfa alle manovre d’attacco della squadra. Zito, un giocatore rinato, mai visto in campo così brillante e continuo nelle precedenti esibizioni; una garanzia per le gare che verranno in quanto a rendimento, impegno e – perché no? – per classe genuina.
Poi Murolo. E sono due. Non solo si è un fatto trovare pronto per prendere autorevolmente posto al centro della difesa, dopo aver superato un fastidioso acciacco, ma addirittura è andato in gol con la prontezza e il cinismo di un attaccante nato. Tissone, e sono tre. Non ha sbagliato un solo passaggio, architetto del gioco, si è pure sacrificato in un oscuro lavoro di interdizione, lui che è distributore del gioco, tecnico e sopraffino.
Piovaccari, e sono quattro. Serio e taciturno, sempre pronto e professionale, oramai ha fatto amicizia con le porte avversarie. Ne ha segnato già tre di gol, uno più importante dell’altro, e lo fatto negli spezzoni di partita in cui è stato impegnato: Piovaccari oramai nella fantasia popolare non è solo il “pifferaio magico”; egli oramai rappresenta il capolinea del gol, come Castaldo, e sono cinque, d’altra parte, uno dei pochi sempre presenti e che contro il Potenza è uscito solo per stanchezza, martirizzato oltre misura da marcature al limite della correttezza agonistica. Quattro erano i moschettieri di Alessandro Dumas; cinque, uno in più, sono i moschettieri cui si è rivolto Gianluca Grassadonia per rimettere in sesto una barca apparsa nelle ultime tre settimane in balìa di un mare agitato e minaccioso.
I tre punti conquistati con il Potenza adesso danno più tranquillità non solo alla squadra ma anche all’ambiente, apparso scoraggiato dopo le ultime deludenti prestazioni.
Ci sono tutte le premesse, adesso, per vedere ancora all’opera la Paganese battagliera e mai doma vista in campo con il Potenza, soprattutto capace di impostare e mantenere ritmi intensi per gran parte della partita.
A questa squadra non chiedete l’impossibile. Ma le cose terrene, sappiatelo, sono alla sua portata.
Nino Ruggiero
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