Pagani da oggi se non ha un nuovo Santo poco ci manca. Ha origini senegalesi, nome esotico: Abu Diop. Gioca a calcio, suggerisce assist importanti e di mestiere fa il goleador. Ne ha fatto due ieri al “Marcello Torre”, di cui uno, quello determinante, che vale la permanenza in serie C, al novantasettesimo, a tempo scaduto. Diop non ha solo segnato due gol pesantissimi: ha suggerito, con il cucchiaino, quello che genitori premurosi di una volta porgevano al bimbo che faceva le bizze, un pallone invitante da depositare solo in rete. Non è tutto; è risultato una spina nel fianco del Bisceglie per tutta la durata della partita e se è vero che di solito il merito di una vittoria è ascrivibile a tutta la squadra nel suo complesso è altrettanto vero che nel calcio non si può fare a meno dei grandi giocatori; e Diop lo è, sacramentato.
Il merito della vittoria al cardiopalma, dunque, ha le indiscutibili stimmate del senegalese, oramai elevato al ruolo che di solito si riserva ai grandi di ogni epoca e di ogni storia.
Alla fine, direte, che ha combinato questo calciatore descritto come il salvatore della Patria?
Partiamo dalla ripresa, è meglio. Memorabile il secondo tempo che inizia proprio con una perla del senegalese. Secondo minuto, l’attaccante si defila sulla sinistra del suo attacco, affronta il suo angelo custode, l’ex Tazza dal dente avvelenato, lo lascia sul posto, stringe al centro e punta verso la porta avversaria. Sull’uscita del portiere Spurio, consegna al centro uno di quegli inviti che nel calcio non si possono rifiutare. Mattia è puntuale all’appuntamento con il gol, anticipa tutti e infila di prepotenza la porta del Bisceglie.
È l’apoteosi. Nelle finali, si diceva una volta, chi segna per prima vince. Ma quello era un altro calcio; erano contemplati gli arroccamenti in difesa; difensori che si incollavano agli avversari e che non concedevano spazi vitali; c’era il battitore libero che spazzava l’area senza pensarci su due volte. Il calcio moderno è diverso, è cambiato anche se non riusciremo mai a capire se in meglio o in peggio.
Ritornando alla partita, gli ospiti – dopo aver subìto la segnatura – cambiano atteggiamento e riescono a pareggiare con un colpo di testa di Rocco. Non è finita: la Paganese riesce a ristabilire le distanze con Diop su rigore, grazie a un indiscutibile fallo commesso in piena area proprio sull’attaccante senegalese. Sembra finita per il Bisceglie che, indomito, però si butta in avanti. Al 91′ i pugliesi riescono a pareggiare.
Accidenti, è finita! con il pareggio la Paganese è retrocessa. Ma Diop non è d’accordo: dal suo magico cilindro, quando il cronometro segna il novantasettesimo minuto di gioco, estrae il colpo del campione mai domo e mette a segno il gol della salvezza.
Adesso è proprio finita. Davvero. La Paganese resta per la sedicesima volta in serie C, un vero record per la categoria, da consegnare agli annali del calcio. Onore e vanto per una piccola società capeggiata dall’inossidabile Raffaele Trapani.
Non è la prima volta che la Paganese nella sua storia più recente vince una partita all’ultimo secondo. La memoria ci porta al gol segnato da Izzo allo scadere del tempo nello scontro epico con la Reggiana e a quello segnato da Fusco sempre allo scadere del tempo con il Fano.
Paganese-Bisceglie è una di quelle gare che non potrai mai dimenticare finché vivi; una di quelle gare che confermano quanto il calcio possa ancora entusiasmare e avvincere, nonostante siano cambiate tante cose. È la risposta indiretta a coloro i quali, pochi per la verità, non si spiegano perché il calcio sia uno sport che è nel cuore di tutti. Mai niente di scontato, mai niente di definito; si vince, si perde, si pareggia, si soffre, ci si dispera quando i risultati sperati non arrivano, ma anche uno sport vero, coinvolgente, espressione di emozioni che non hanno altri aggettivi complementari per accompagnarle, evidenziarle e commentarle.
Emozioni, proprio il sale della vita. Che ve ne fate di una partita piatta, anche dominata, ma che non concede sussulti? Volete mettere la gioia di un risultato acciuffato per i capelli quando tutto sembra deciso, beffardamente deciso? Ma chi può più pensare ancora a un discorso tecnico-tattico di una squadra arrangiata, a un centrocampo orfano di un centrocampista pensante; chi può pensare ancora ai gol da polli presi da una difesa più incerta del solito?
Il finale di gara con il Bisceglie è degno di uno dei migliori film di Dario Argento, forse ispirato a una grande opera di Jean-Luc Godard: “A bout de souffle” (Fino all’ultimo respiro). Era questo il titolo di un vecchio film del 1960. Così è stato: trepidazione fino all’ultimo respiro. Poi la salvezza, alfine, è arrivata.
Qua la mano, vecchia Paganese!
Nino Ruggiero
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