Il risultato della partita di Bari in un certo qual modo era scontato. Troppo forte la formazione pugliese per una Paganese scarica anche mentalmente ed avviata verso un finale di campionato che non promette niente di buono per la sua classifica. Con le premesse di una superiorità indiscutibile sul piano tecnico da parte i padroni di casa, si pensava che la Paganese potesse impostare la gara sul piano del ritmo e dell’agonismo puro, che – poi, in definitiva – sono quelle qualità che di solito si riconoscono alle squadre meno dotate dal punto di vista tecnico.
Invece no: brutti (sul piano tecnico-tattico), infelici e perdenti.
Tutto quello che Raffaele Di Napoli aveva in mente alla vigilia è andato a carte quarantotto. I ragazzi azzurro stellati, in maglia giallo fosforescente, hanno stentato ad ingranare e hanno dovuto subire l’iniziativa dei pugliesi fin dai primi minuti senza riuscire a contrastarli nella loro fase di impostazione del gioco. E’ mancato alla Paganese il filtro giusto nella fase difensiva, quando cioè gli avversari hanno avuto il pallino del gioco in mano. Ma è mancato anche lo spirito di rivalsa; è mancata quella carica agonistica che assai spesso nel calcio costringe gli avversari più dotati tecnicamente a soffrire per coprire movimenti intensi e a largo respiro. Sono mancati gli spunti che negli ultimi tempi avevano contraddistinto positivamente la fascia sinistra dello schieramento, quella specie di catena avanzata; sono mancati gli inserimenti prepotenti di Squillace sulla sinistra in avanti; è mancato il gioco di raccordo che di solito effettua Zanini dalla tre quarti in su. Il tutto mentre il Bari riusciva a giocarsela su ritmi sincopati, quelli che prediligono le squadre che danno del “tu” al pallone.
Dispiace dirlo, ma non ci siamo sotto tutti i punti di vista. Quando una squadra come la Paganese, che ha come obiettivo la salvezza diretta, non riesce ad elevare i ritmi di una partita; quando il pressing che dovrebbe praticare diventa solo una parola astratta, quando non ci sono raddoppi di marcature, quando non si arriva per primi sulle seconde palle, allora non c’è niente da fare contro una signora squadra come il Bari.
Con tali premesse, il risultato alla fine non fa una grinza. A questo aggiungeteci pure che nelle poche occasioni da rete create, la Paganese ha clamorosamente steccato. E questo una squadra che già soffre maledettamente la superiorità tecnica dell’avversario non può permetterselo. Prendete, ad esempio, l’occasione creata alla mezzora del primo tempo da Guadagni, uno dei più in palla della squadra. L’attaccante effettuava un passaggio filtrante in area per Raffini ma il centravanti prontamente scattato in avanti per ricevere il ghiotto servizio, solo davanti a Frattali, seppur in posizione angolata, sparacchiava malamente a lato e sprecava così la palla gol più limpida della partita. In quel momento si è capito che non ci sarebbe stato niente da fare per la Paganese; le poche occasioni che si presentano in una partita del genere – pecche caratteriali a parte – vanno sfruttate; altrimenti è la fine.
Adesso, con il campionato che riserva solo quattro gare alla Paganese, come la mettiamo? Il discorso della salvezza si complica maledettamente; ma c’è poco da fare. Per i processi c’è tempo, non è questo il momento. La squadra deve salvarsi con gli uomini che ha in organico, di riffe o di raffe. Di Napoli deve solo trarre il meglio dall’organico a disposizione e impiegare gli elementi più in forma nel ruolo giusto.
Il turno di riposo previsto per domenica quando la squadra avrebbe dovuto incontrare il Trapani, capita al momento giusto: deve servire per chiarirsi le idee e per far riposare quegli elementi apparsi lontani dalla forma migliore.
Sarà dura, ma la speranza non deve morire.
Nino Ruggiero
(da Il Quotidiano del Sud, edizione Salerno, del 28.03.2021)
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