Di solito, in quasi tutte le partite, l’inizio viene vissuto attraverso una fase di studio. A Palermo no. La gara tattica non c’è, si passa subito oltre. Il Palermo è come assatanato; va subito all’assalto, lancia in resta, alla ricerca del gol che deve sbloccare la partita. Primi minuti d’inferno: il pallone balla davanti a Campani, una, due, tre volte. Il portiere ci mette una pezza in un paio di occasioni e la Paganese si salva con affanno; il Palermo è lì che pressa e non dà agli spaesati avversari nemmeno il tempo di organizzarsi. Mentre i cronisti vanno alla ricerca di moduli difensivi, di schieramenti, di posizioni in campo, I rosanero arrivano in area paganese da tutte le parti; sembrano tante anguille sfuggite di mano alla vigilia di Natale.
Una diecina di minuti d’inferno per la squadra azzurro stellata; prendi questo, prendi quello; i calciatori siciliani sembrano avere l’argento vivo addosso e si scambiano di ruolo in continuazione. Allo scadere dei dieci minuti, come logica conseguenza di una superiorità tecnica e territoriale, arriva il gol che sblocca la partita e forse tranquillizza mentalmente i padroni di casa. Superiorità territoriale e tecnica; certo, perché una superiorità territoriale nel calcio non basta; bisogna anche avere i numeri tecnici per poterla concretizzare. Il Palermo li ha; ha calciatori di levatura tecnica fuori dal comune per i quali la società rosanero ha dovuto esporsi parecchio a suon di quattrini. C’è una commedia scritta da Armando Curcio, interpretata da quel genio di Eduardo. Si chiama “A che servono questi quattrini”. Ebbene, i quattrini servono per comprare calciatori di livello; e devono essere anche parecchi per arrivare ad avere il meglio che c’è sul mercato. Potrebbe mai la piccola Paganese competere, viso a viso, con il grande Palermo? Potrebbe: è la risposta, perché nel calcio non c’è mai niente di scontato. Perché una piccola realtà calcistica può e deve competere, con possibilità di successo, anche contro grandi squadre. Capita anche nella vita; altrimenti non sarebbe stata tramandata alla storia la vicenda del piccolo Davide vincitore contro il gigante Golia.
Dunque, condizionale: potrebbe. Però le piccole squadre dovrebbero saper gestire quel poco che passa il convento in termini di campagna acquisti. È stato fatto dalla Paganese? Questo è l’interrogativo che deve suonare all’indomani di una sconfitta che nel calcio può essere messa in conto. E’ un interrogativo che viene da lontano: non è la prima volta, infatti, in questo campionato che la squadra non riesce a prendere le redini del gioco in mano. Il gioco della Paganese nasce dalla difesa, è vero, con Schiavino e Sicignano capaci di lanciare palloni lunghi in avanti, ma dovrebbe nascere soprattutto dal centrocampo. Nella Paganese, dispiace dirlo, con tutta la buona volontà di giovani che sicuramente cresceranno, al momento c’è penuria di gioco dalla cintola in su.
Sul risultato di Palermo, non basta cancellare con un colpo di spugna un primo tempo penoso e pensare che alla fin fine un pareggio poteva pure essere raggiunto in virtù di un buon secondo tempo durante il quale la Paganese ha surclassato su piano agonistico gli avversari. Le carenze di organico e di qualità alla lunga si scontano. E la Paganese, già orfana di una mente pensante, se viene a mancare anche qualche pedina importante, è poi difficile che riesca a tirare fuori un ragno dal buco. E badate bene, qui non si parla negativamente dei ragazzi impiegati a Palermo; ognuno di loro ha recitato la sua parte, ma sono ragazzi che dovrebbero crescere in una squadra che ha già una sua precisa fisionomia.
Processi all’allenatore, mi dispiace per quelli che la pensano diversamente, non ne faccio. Se un allenatore è bravo quando vince, resta bravo anche quando perde.
I piccoli errori li commettono tutti; sono sempre dietro l’angolo.
Nino Ruggiero
(da Il Quotidiano del Sud, edizione Salerno, del 16 novembre 2020)
A che servono questi quattrini
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