Quando si rincorre, i risultati positivi ottenuti contano; e sono quelli che consentono di sperare. Le rincorse però affannano, fanno perdere la lucidità mentale perché mettono ansia e si è consapevoli che in caso di ulteriori risultati negativi il traguardo fissato si allontana.
Con il Bisceglie è andata male, proprio male. Si guardava a una vittoria, visto che era una specie di incontro diretto, per scacciare almeno parzialmente gli incubi di una retrocessione annunciata. Invece sono emersi ancora una volta problemi di concretezza e, soprattutto, di intensità di gioco.
Purtroppo, nonostante gli innesti di Stendardo e di Dellafiore che hanno dato un volto nuovo all’apparato difensivo, la squadra zoppica, cammina a fase alterne; diciamo che il suo gioco manca proprio di intensità, un fattore che nel calcio moderno assume grande importanza perché può, in un certo qual senso, compensare in novanta e più minuti di gioco anche la differenza di valori tecnici nei confronti di avversari meglio dotati. Intensità significa martellare per tutta la durata della gara gli avversari, non dare loro il tempo di ragionare e di esprimere valori individuali che di solito emergono naturalmente quando la partita cala di ritmo.
Dopo aver dato una regolata alla difesa, che indiscutibilmente appare più solida ed esperta, sono altri i valori che condizionano il rendimento della Paganese. Fra questi, trattandosi di una squadra che aspirerebbe a salvarsi puntando perlomeno ai play-out, registriamo proprio la mancanza di intensità agonistica richiesta ad atleti che dovrebbero macinare il campo novanta minuti su novanta e non a sprazzi.
Si tratterà probabilmente di una questione fisica o strutturale, oltre che psicologica, perché altrimenti non si spiegherebbe la doppia faccia della squadra intravista soprattutto in occasione dell’infausta partita con il Potenza, quando si è passati da uno speranzoso 3 a 1 ad un clamoroso 3 a 4 finale.
Purtroppo, dobbiamo dirlo, alla Paganese, oltre a carenze tecniche che investono soprattutto le due fasce laterali prive di uomini capaci di saltare l’avversario e di proporre soluzioni interessanti dalle due corsie laterali del campo, mancano proprio i ritmi frenetici e allo stesso tempo intensi per poter competere da pari a pari con avversari meglio dotati sul piano tecnico-tattico.
La squadra ha dei sussulti, qualche buono spunto individuale, specie quando può schierare Cesaretti e Scarpa in buona forma, ma manca di intensità agonistica, un’arma che non si inventa dalla mattina alla sera e che di solito è frutto di grande lavoro atletico su calciatori ben strutturati dal punto di vista fisico che facciano di un moto perpetuo la loro arma vincente.
L’attuale Paganese, con gli innesti intervenuti a gennaio, con particolare riguardo anche a Capece sapiente regista di centrocampo, avrebbe potuto probabilmente dire la sua per traguardi diversi se fosse stata adeguatamente rinforzata in tempo utile. “Se”, “ma” e “però” particelle “sgarrupative” nel calcio non hanno diritto di cittadinanza. Ma un vecchio proverbio suggerisce che “di cosa fatta male, il ripentirsi non vale” e quindi prendiamo la considerazione solo come uno sfogo di un cronista.
Adesso, dopo l’inopinato pareggio interno con il Bisceglie, ci si può solo augurare che, avendo le spalle forti in difesa, questa squadra riesca a prendere punti in casa e fuori.
E poi sperare…
Proprio vero: spes ultima dea.
Nino Ruggiero
Spes ultima dea
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