Così è (anche se non vi pare)
Che partita, ragazzi! Cinque minuti e la Paganese è già in vantaggio. Lotta come mai fino a questo momento Soligo, conquista un pallone sulla trequarti, lo smista a Ciarcià sulla sinistra proprio al limite dell’area; cross di quest’ultimo e finalizzazione senza pietà di Girardi con un piattone che fa secco il povero portiere della Nocerina.
“Chi ben comincia è alla metà dell’opera” – recita un saggio adagio. Forse è proprio così visto che calza a pennello per questa Nocerina-Paganese. Comincia bene e finisce bene per la squadra azzurro-stellata una gara che alla vigilia era vista come una specie di prova del nove per i futuri destini.
E’ una Paganese diversa da quella vista nelle ultime settimane. Manca Fusco, colonna portante della difesa, atleta buono per tutte le stagioni, ma la squadra non sembra risentirne più di tanto. Giocano tutti con il principio dei moschettieri, del “tutti per uno, uno per tutti” che, quando applicato al calcio riesce a fare grande una squadra. Perché non dimentichiamolo mai: il calcio è soprattutto un gioco di squadra.
Storie personali da libro Cuore in Nocerina-Paganese.
Prendiamo Soligo: è l’atleta che aveva deluso di più; stentava ad ingranare, il suo passo era incerto; il suo gioco incideva poco nell’economia della squadra. La scorsa domenica nell’incontro interno con il Pisa addirittura era rimasto in tribuna per recuperare una condizione fisica accettabile. Contro la Nocerina eccolo il vero Soligo, ritornato, com’era auspicabile, giocatore universale e duttile, in grado di svolgere anche il lavoro di incursore in avanti, gioco sempre svolto egregiamente nella sua lunga parentesi salernitana. Il primo gol messo a segno da Girardi ha una matrice doc e porta la sua firma; proprio dalla sua capacità interdittiva e dalla conseguente incursione in avanti scaturisce il gol che sblocca la gara e che probabilmente rappresenta la chiave di volta della partita. Ma non basta; una presenza costante nel cuore della squadra, un punto di riferimento sicuro nei momenti di pressione offensiva degli avversari anche in chiave difensiva. Eccolo il vero giocatore universale; ecco il vero Soligo.
Prendiamo Ciarcià. Nelle gare precedenti quasi un’anima in pena, spesso emarginato dal gioco, quasi un corpo estraneo tanto da essere spesso utilizzato solo part-time, mai decisivo, mai sopra le righe nelle sue esibizioni. Con la Nocerina un altro calciatore. Un giocatore presente dovunque, nella fase difensiva, nella fase propositiva, a centrocampo a supporto di Romondini e Soligo, sulle fasce, addirittura in difesa. Il suo zampino determinante è nell’azione del primo gol: uno sguardo al centro ed un servizio inappuntabile per Girardi, giustiziere implacabile.
“Tutti per uno, uno per tutti” – dicevo ed in questo concetto non poteva mancare Scarpa. Grande partita di sacrificio per il torrese di nascita. Centrocampista aggiunto, riesce a dare il suo apporto podistico nella zona centrale del campo, fedele alle consegne difensive evidentemente ricevute dal suo allenatore. Svolge un lavoro infame, avanti e indietro per restringere gli spazi agli avversari. Si sacrifica, lo fa con grande discernimento tattico e la Paganese soffre poco in quella che viene considerata non a torto la zona nevralgica del gioco. Ma non può bastare ad un calciatore estroso e viscerale, uno che ha il senso del gol nel sangue. Ed eccolo, maestoso, partire dalla sua linea difensiva, caracollare per tutto il campo mentre gli avversari arretrano senza contrastarlo; eccolo arrivare al limite dell’are avversaria dopo una corsa indisturbata di oltre cinquanta metri; eccolo scoccare un tiro in corsa impossibile, una specie di pallonetto irridente che termina la sua corsa lassù in alto dove il palo sinistro va a congiungersi con la traversa, a portiere fermo, stranito, esterrefatto. Gol da cineteca, da consegnare ai posteri.
E’ finita? Manco per niente. Eccolo, ancora Scarpa sul pallone. Punizione sulla sinistra a pochi metri dalla linea di demarcazione dell’area avversaria. Una di quelle posizioni che negli anni hanno fatto grande un certo Del Piero. Batte di interno destro Scarpa ed il pallone si insacca magicamente nell’angolino alto alla destra di un incolpevole Aldegani. E adesso chi lo mantiene più il nostro Ciccio Scarpa?
Fila tutto come l’olio nella manovra della Paganese. Grosso lavoro di filtro a centrocampo per restringere gli spazi agli avversari; raddoppi maniacali sull’avversario in possesso di palla; contrasti ruvidi e decisi; cuore, volontà, senso di posizione; applicazione ossessiva delle direttive impartite dall’allenatore; e poi ripartenze rapide, mozzafiato; capovolgimenti di fronte sconvolgenti. Altro che numeri, altro che 4-4-2, 3-5-2; questo è il vero calcio! Adesso vi diranno che Grassadonia ha indovinato la tattica e parleranno dei soliti numeri che non servono a niente, se non a indicare uno schieramento di partenza, non altro.
Qualche altro, che non manca mai, vi dirà che la squadra ha giocato in contropiede, che ha atteso al varco gli avversari, che ha preso poche volte l’iniziativa del gioco. Quelli che parlano questa lingua poco o niente hanno capito del calcio. Non hanno capito qual è la vera essenza del gioco del calcio. Non so se a Coverciano, oltre che di moduli a tavolino, di schemi numerici, parlano del vero calcio, della vera interpretazione di una partita di pallone. Non so se insegnano che per decifrare bene una gara bisogna osservare pochi principi fondamentali. Primo: chiudere tutti gli spazi per gli avversari, raddoppiarli quando sono in possesso di palla, irritarli con marcature asfissianti. Secondo: una volta in possesso di palla ripartire velocemente senza dare il tempo agli avversari di chiudere a loro volta gli spazi. Ovviamente, ed a scanso di equivoci, ci vogliono gli interpreti giusti: elementi adatti alla bisogna. Altrimenti come chiudi, come riparti?
L’assioma, per quanto ovvio, funziona quando non ci limita solo a difendersi; altrimenti è la fine. Funziona quando si riesce ad interpretare alla grande sia la fase di difesa e di restringimento degli spazi agli avversari, sia la fase di rilancio nei buchi lasciati inevitabilmente vuoti. Cosa avvenuta puntualmente a Chieti con una Paganese attenta, puntigliosa e soprattutto viva e vegeta.
E’ tutto così semplice, così lineare l’interpretazione tattica di una gara, ma sembra una cosa da marziani a sentire qualche solone che non manca mai. Questi concetti basilari del vero calcio mi furono espressi da un grande giornalista che ha fatto la storia nel nostro Paese e che – tantissimi anni fa – ebbi la fortuna di conoscere a Napoli. Si chiamava Gianni Brera: era lombardo e capiva di calcio come pochi. Era amico del mio maestro, Guido Prestisimone, giornalista napoletano scomparso troppo presto dopo aver fatto scuola nel campo calcistico per tanti giovani allievi.
Torno alla partita. Quel “Tutti per uno, uno per tutti” ci ha consegnato una squadra vera; vera nell’etimologia stessa della parola. Cresce l’affiatamento, crescono i giovani, in special modo Calvarese che ho trovato irresistibile nel suo incedere sulla fascia destra di sua competenza; cresce il concetto di squadra con interpreti finalmente all’altezza della loro fama. Ho parlato poco delle certezze; di Marruocco, portiere paratutto e punto di riferimento di tutto il reparto difensivo; di Fernandez, muro invalicabile sempre più leader; di Romondini, luce del gioco, insostituibile nel proporsi come guida a centrocampo anche nei momenti di maggiore criticità.
Adesso Grassadonia avrà problemi di abbondanza in molti ruoli, a cominciare dall’attacco con un Girardi che sembra integrare bene le sue doti con quelle del funambolico Tortori.
Ma meglio avere problemi di abbondanza che scervellarsi nel tentativo di rabberciare una formazione.
Nino Ruggiero
Per questo motivo in tale schema di gioco il possesso palla è mantenuto con molta pazienza principalmente per vie orizzontali, mentre le verticalizzazioni sono limitate soltanto ai momenti in cui capita di riuscire a trovare nitidi spazi tra le linee; questi ultimi sono facilitati poiché l’avversario che subisce il tiki-taka è obbligato a rimanere in fase difensiva e di attesa per un lasso di tempo molto più lungo del solito, quindi ha statisticamente più possibilità di commettere un errore o semplicemente di distrarsi. Lo stile è associato principalmente al calcio spagnolo, in particolar modo quello del Barcellona allenata da Josep Guardiola e quello della squadra nazionale di calcio della Spagna campione del mondo e d’Europa allenata da Vicente Del Bosque .
Per il tike-take o il titicchete-titocchete di breriana memoria, c’è bisogno di grande proprietà di palleggio e sugli aridi campi di legapro abbiamo poca materia prima. Meglio razzolare il campo e affondare i colpi senza pietà quando se ne presenta l’occasione.