Così è (anche se non vi pare)
Ho pochissima voglia di commentare l’ultima partita dei “nostri”. Gli impegni però sono impegni e non si possono rimandare, anche se probabilmente il silenzio esprimerebbe meglio l’ennesima delusione che – espressa in mezzo vernacolo – “ci fa scendere il cuore nelle calzette”.
Come al solito, quando si tratta di partite in trasferta, cerco di commentare solo il risultato perché non sarebbe serio parlare di una partita non vista.
Il risultato, come sta capitando da un po’ di tempo a questa parte, specie in occasione di cosiddetti scontri diretti, è stato deludente. La Paganese, ancora una volta rivoluzionata nell’inquadratura, ha dovuto soccombere proprio contro una di quelle squadre che dalla prima giornata del girone di ritorno hanno lanciato il guanto di sfida in ottica play-off.
Per giunta, non bastassero gli insperati recuperi effettuati, prima il Gavorrano, a Pagani, e poi il Chieti hanno messo anche una bella ipoteca su quella che, ipoteticamente, potrebbe essere una classifica avulsa in vista dei play-off. Praticamente, se Paganese, Chieti e Gavorrano dovessero a fine campionato finire a pari punteggio, ai fini della qualificazione al mini-torneo finale, sarebbero proprio gli abruzzesi e i toscani ad avere le meglio in quanto, negli incontri diretti con la Paganese, il Chieti potrebbe vantare due vittorie e il Gavorrano un pareggio ed una vittoria.
Ve le ricordate le famose “scolle in fronte”? ecco, sono ricomparse, ancora più inquietanti di un anno fa, a darci i tormenti che – come tifoseria – non meritiamo. Allora si combatteva per non retrocedere con una squadra messa su alla bell’e meglio; oggi si sarebbe dovuto combattere per alti traguardi con una squadra messa su proprio per vincere. Ma i risultati sono quelli che sono: miseri, deludenti e mortificanti.
All’inizio, alla vigilia del campionato e nelle prime esibizioni, s’era parlato di promozione diretta, di “corazzata”, di squadra schiacciasassi; ve lo ricordate?
Erano tutte rose e fiori. Bastava una prodezza del singolo, un pezzo di bravura di Fava, una capocciata di Galizia, un acuto di Luchino Orlando per mettere al tappeto le squadre che si incontravano sul proprio cammino. Questo, fino al termine del girone di andata; se si escludono le battute di arresto con il Perugia, con il Chieti in casa e con il Catanzaro. Con il Perugia ricordiamo tutti come andò; più che condivisibili nell’occasione i lamenti per le storture che caratterizzarono una deludente direzione arbitrale e che portarono ad una immeritata sconfitta sotto i riflettori della Rai.
Poi, il girone di ritorno. I programmi che si rivedono; l’incomprensibile braccio di ferro tra società e staff tecnico; il ridimensionamento dell’obiettivo primario; i risultati che cominciano a saltellare; l’addio di Grassadonia; l’arrivo di Pino Palumbo. Abbiamo scherzato: promozione “bye-bye”; si comincia a parlare almeno di play-off.
Stringi stringi, riduci riduci, pure i play-off adesso sono in serio pericolo.
Purtroppo quando le cose cominciano ad andare male, è difficile e complicato addivenire a una inversione di tendenza. A volte ci si mette la buona sorte che ti volta le spalle; qualche altra volta è l’errore di un singolo che ti condiziona e ti condanna; un’altra volta ancora – come pare sia successo a Chieti – incontri sulla tua strada un portiere che para di tutto, anche i tiri considerati imparabili. E allora che fai? Puoi sempre parlare di sfortuna o di presunti meriti calpestati?
E’ inutile imprecare. La vita insegna che è l’essere umano ad essere arbitro del proprio destino. Ci può essere sfortuna in qualche occasione, ma se hai gli attributi, se hai le qualità giuste, se sei forte, alla fine, riesci sempre ad imporre i tuoi diritti. Se poi diciamo altre cose, se vogliamo trovare sempre i pannicelli caldi, se troviamo sempre una giustificazione, se vogliamo sempre e solo parlare di sfortuna, allora siamo proprio fuori strada.
So che più di un tifoso ha quasi del tutto abdicato al suo ruolo istituzionale proprio a causa di risultati altalenanti con tendenza più verso il basso; risultati che – in tutta sincerità – continuano a sconfessare domenica dopo domenica le ottimistiche e fiduciose dichiarazioni dello staff tecnico e societario.
Ma altrettanto sinceramente credo che non sia il momento di abbandonare le armi, metaforicamente parlando.
In ossequio alla matematica che difficilmente dice bugie perché è una delle poche scienze esatte, credo che abbiamo ancora qualche carta da giocare. Giochiamocela.
Guai nella vita a non credere di poter raggiungere un determinato traguardo; che poi ci siano delle riserve, è anche comprensibile e umano. Ma resto dell’avviso che ci si debba arrendere solo quando si è spalle al muro.
Al momento, con tutte le crisi che ci attanagliano sia come squadra che come appassionati, con tutte le comprensibili delusioni che quest’anno hanno accompagnato il nostro cammino, con tutte le recriminazioni per quello che poteva essere e non è stato, dobbiamo ancora essere presenti.
Presenti e possibilmente vincenti, parafrasando una cara e vecchia pubblicità del Totip.
Nino Ruggiero
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