Così è (anche se non vi pare)
No, ragazzi, no, non è possibile! Non è possibile prendere tre gol di seguito in sette-otto minuti dopo che con grande fatica, con grandi stenti, con grande impegno e con grande sagacia si è riusciti a mettere sotto il Gavorrano per tre reti ad una. No, non siamo affatto su “scherzi a parte”; stiamo parlando di una partita di calcio persa per quattro reti a tre dopo che per buoni sessantacinque-settanta minuti di gioco in campo è esistita solo e soltanto una squadra: la Paganese.
So che è compito improbo, quasi impossibile, disquisire di calcio quando si è preda di grandi delusioni come quelle provate al termine di una gara stregata. Siamo delusi, vorremmo buttare tutto all’aria; vorremmo sprofondare per quella che consideriamo una vergogna mentre giuriamo a noi stessi che quello appena trascorso è l’ultimo pomeriggio che ci vede presenti in un campionato che non sentiamo più nostro.
Venti minuti di autentica follia ci fanno dimenticare in un “amen” tutta la partita.
Rivedo il film della gara: un primo tempo da favola. Un portiere ospite che para l’imparabile, una volta, due; poi, capovolgimento di fronte e su una palla sporca, quasi senza un vero e proprio tiro in porta, con un colpo di tacco a seguire, gli ospiti passano in vantaggio. Mezzo tiro in tutto il primo tempo e gol. Questo è il calcio, lo sappiamo bene; attacchi, attacchi, il portiere avversario para tutto quello che è possibile da parare e poi in contropiede, che poi vero e proprio contropiede non è, si prende il gol della beffa.
La Paganese però è viva, non si arrende e allo scadere del tempo, pochi minuti prima dell’intervallo, pareggia con uno di quei gol di rapina che fanno grande un attaccante. Sul palo, quando il pallone calciato da Tricarico e deviato di testa da Scarpa sembra indirizzato sul fondo, irrompe Luchino Orlando e mette in rete da autentico cecchino delle aree di rigore.
Nella seconda parte della gara c’è sempre e solo la Paganese in campo. Dopo appena un minuto un cross di Scarpa dalla sinistra pesca Luchino Orlando ben appostato sul secondo palo; elevazione imperiosa del centravanti e pallone che gonfia la rete senza pietà. In campo continua ad esserci solo la Paganese. Tricarico e Nigro a centrocampo sono primi su tutti i palloni e concedono ben poco agli intimoriti avversari; la squadra è viva e vegeta e non perde un contrasto. Logico e normale che arrivi il terzo gol sul solito cross dalla sinistra di Scarpa che pesca Galizia tutto spostato sulla destra. L’attaccante aggancia splendidamente e da posizione impossibile trafigge il portiere toscano con un micidiale destro che quasi sfonda la rete.
Mancano trenta minuti alla fine e sembra fatta. Una squadra che domina un’intera partita, che mette in ambasce l’avversaria di turno, che sa bene quanto importante sia l’esito della partita che sta giocando non può che amministrare saggiamente il risultato acquisito. Ma stiamo parlando di quale squadra: della Paganese dei primi sessanta minuti di gioco o di quella vista nell’ultima mezzora?
Segna il terzo gol la Paganese e dopo poco s’infortuna Fusco che chiede il cambio. Palumbo allora sposta Nigro al centro della difesa e immette in formazione De Martino. Due minuti dopo, si infortuna anche Galizia che viene sostituito da Fava. Mancano buoni venti minuti alla fine. Nessuno sugli spalti può minimamente dubitare dell’esito di una partita che sembra ormai segnata.
E’ vero: il nuovo assetto tattico della squadra è tutto da collaudare, ma diamine! i sostituti sono pur sempre calciatori di categoria; si avverte invece in campo un’inspiegabile nervosismo, anche se nessuno può andare con l’immaginazione ad un finale degno di un film di Alfred Hitchcock.
In otto minuti succede di tutto. Sono gli otto minuti più infelici della recente storia della Paganese. E’ una vera e propria disfatta. Tre gol incassati uno dopo l’altro; il primo dopo aver perduto una banale pallone a difesa allargata; il secondo con un tiraccio da oltre trenta metri; il terzo quando oramai si è completamente in “bambola” con una velocissima azione in contropiede.
Con chi ce la vogliamo prendere? con l’allenatore, con i calciatori, con la società? cerchiamo sempre un motivo, un perché, un capro espiatorio quando le cose si mettono male; e non abbiamo torto perché l’anima del tifoso è quella.
Ma i conti è bene farli alla fine. E’ del tutto inutile imprecare perché mi pare di poter dire, adesso che sono passate alcune ore e la mente è più lucida per un sereno esame della situazione, che molte cose si possono rimproverare alla squadra nella sua interezza: si può discutere l’atteggiamento assurdo tenuto quando la partita era da considerarsi gestibile; si può parlare anche di errori compiuti da qualche atleta; si può anche contestare qualche scelta tecnica in tema di sostituzioni.
Lungi da me stendere pietosi veli su una sconfitta che non ha precedenti, ma alzi la mano chi sul tre a uno in favore della Paganese – a mezzora circa dalla fine – avrebbe scommesso un centesimo sulle possibilità di rimonta del Gavorrano al cospetto di una squadra, quella Paganese, apparsa pimpante e meritevole, fino a quel momento, del rotondo risultato acquisito.
Poi, è chiaro, a “frittata” fatta – come capita sempre nel gioco del calcio – ci scordiamo di tutto: di una gara condotta sempre alla ricerca della vittoria, di una prestazione che, fino al momento di un’inspiegabile follia, era sembrata impeccabile; sicuramente migliore di tante altre.
Ma il calcio è questo: è crudele, è spietato e aderisce alle logiche dei numeri che costituiscono il risultato finale; il che – sia ben chiaro – non significa minimamente che dobbiamo dimenticare e non tenere conto di una sconfitta che ancora brucia, e come!
Adesso che il gruppetto delle pretendenti alla lotteria dei play-off si è fatto più agguerrito, le prossime gare ci diranno senza mezzi termini il ruolo che potremo recitare. Eravamo protagonisti alla vigilia del campionato e per buona parte dell’andata; siamo stati comprimari e lo siamo ancora – stando alla classifica attuale. Vediamo se lo resteremo o se invece saremo solo vanitose comparse. Nel calcio, come nella vita, mai dire mai.
Appuntamento a Mugnano di Napoli domenica prossima.
Nino Ruggiero
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