COSI’ E’ (ANCHE SE NON VI PARE)
A Lumezzane non è che è andata male; è andata malissimo. Nessuno pretendeva miracoli, per la verità, e nessuno pensava che il semplice cambio di manico avrebbe portato immediatamente la squadra a diventare imperforabile e vincente.
Il problema è che dal punto di vista atletico e mentale la squadra è stata ostaggio degli avversari. Persino nel primo tempo, quando l’organizzazione tattica ha retto alquanto bene davanti alle prevedibili sfuriate degli avversari, sono stati proprio questi ultimi a dare l’impressione di poter passare da un momento all’altro. Prova ne sia che Gabrieli ha dovuto sfoderare due interventi degni di nota per salvare la propria porta.
Eppure la linea difensiva predisposta da Capuano ha svolto bene i suoi compiti. Fusco ha messo la sua classe ed esperienza al servizio dei compagni; è stato impeccabile e decisivo in alcune situazioni scabrose. Anche Martinelli sul centro-sinistra e Cuomo sul centro-destra non sono stati da meno. Pure l’azione di filtro, operata soprattutto con Vicedomini, ha dato buoni risultati, tanto che il mediano, a mio parere, ha giocato una delle gare più intense dal punto di vista agonistico di questo campionato.
Quello che proprio non va, e mi pare che ci sia stata un’involuzione negli ultimi tempi, è la fase di ripartenza. Tutto appare così scontato, prevedibile, addirittura molle quando la squadra ha il possesso di palla. Si sapeva – e lo diciamo tutti dall’inizio del campionato – che manca qualcosa in cabina di regia; ma assai spesso, all’inizio, il furore agonistico di alcuni calciatori aveva mascherato bene tale mancanza. In qualche occasione – fanno testo soprattutto le vittorie sul Verona e sull’Alessandria – si era giocato a ritmi folli sconcertando gli avversari di turno, sovrastati non dal punto di vista tattico, ma da una condizione atletica mostruosa.
Adesso, a ritmi normali, cadenzati, sincopati, quando siamo in possesso di palla non andiamo da nessuna parte, tanto siamo prevedibili, sterili, senza grinta, senza arrivare mai primi sul pallone spedito in avanti. Allora mi chiedo, e credo che ce lo chiediamo in tanti: perché questa involuzione?
Ve lo ricordate il Tedesco della prima gara interna con il Verona? Sembrava una furia, un gladiatore, un attaccante che sprizzava salute da tutti i pori, aggressivo, cattivo, presente su tutto il fronte di attacco.
Un attaccante che aveva fatto sognare la fervida fantasia della gente, solitamente attratta dal centravanti che risolve le partite per poi diventarne l’idolo. Quello di domenica era un altro Tedesco, un’anima in pena, evanescente, mai presente nelle poche azioni offensive proposte in avanti.
Sia ben chiara una cosa. Ho citato Tedesco solo e soltanto perché era diventato nella fervida fantasia dei tifosi l’elemento più rappresentativo del reparto offensivo, l’uomo in grado di dare una forte impronta in avanti; non certo perché debba essere considerato il capro espiatorio di una situazione difficile da digerire.
Quello che preoccupa molto la tifoseria, e deve preoccupare soprattutto Capuano, è il fatto che la squadra non sia riuscita a tirare un pallone che sia uno verso la porta avversaria, se si eccettua una bella sgroppata di Magliocco conclusa con un tiro scoccato da buoni venticinque metri proprio nella parte iniziale della gara.
C’è molto da lavorare, non si discute. Ma è anche il momento di dare un volto alla squadra. La difesa, secondo gol subìto a parte – appare ben coperta, e quando miglioreranno gli interscambi difensivi andrà sicuramente anche meglio. Ma è dal centrocampo in poi che qualcosa, o più di qualcosa, va rivisto. Vicedomini e Casisa appaiono sempre di più l’uno la fotocopia dell’altro: stesse attitudini, stesso passo, stesse caratteristiche. Curano meglio la fase difensiva che quella offensiva; hanno piedi ruvidi e danno il meglio di se stessi quando devono andare alla ricerca del pallone. Dei due, Vicedomini è quello che appare in una condizione migliore. Triarico è un ottimo giocatore quando viene schierato sulla fascia destra; è veloce, sa saltare l’uomo, specie se viene servito in verticale e non deve partire da fermo. Inoltre sa proporre cross al centro in velocità, cosa che non è da tutti. A centrocampo, in tutta onestà, da quello che si è visto a Lumezzane, appare sprecato; ma bisogna riconoscere a Capuano l’intenzione di dare più qualità ad un reparto che in qualità sicuramente non eccelle.
La scorsa settimana scrivevo che solo un allenatore sicuro del fatto suo, con una forte personalità, avrebbe potuto riportare in alto prima il morale e poi la squadra. Lo confermo oggi più che mai; questa Paganese ha bisogno innanzitutto di ritrovare il morale che è sotto i piedi. Poi sarà possibile parlare accademicamente anche di tattiche, di gioco.
Qua, purtroppo, entra in gioco il retorico dilemma del “se è nata prima la gallina o prima l’uovo”, che introdotto nel calcio può essere inteso come “sono i risultati che portano il morale oppure è il morale che porta ai risultati?”
Quesito intrigante ma dalla risposta unanime, immagino. Sono i risultati che fanno morale, ecco perché bisogna invertire rotta a cominciare da Cremona.
Capuano è chiamato anche ad un sottile lavoro psicologico per fare intendere ai componenti della squadra che non possono essere diventati tutto in una volta delle schiappe. Non erano campioni quando hanno vinto tre gare di seguito in casa, ma non sono nemmeno degli inetti adesso che la classifica impietosamente li ha relegati all’ultimo posto.
Nino Ruggiero
(Rubrica “Così è, anche se non vi pare”, Paganese.it 10 novembre 2010)
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