Così è (anche se non vi pare)
A freddo si ragiona meglio. Dopo la partita, a caldo, il commento – influenzato anche dagli impietosi cori che si sono levati all’indirizzo della squadra – sarebbe stato ben altro. A distanza di qualche giorno, intanto, posso però confermare l’impressione avuta nel corso della gara: ho visto all’opera l’ombra della squadra ammirata nelle prime giornate di campionato, specie quella con il Verona. Una squadra slegata, senza identità, nemmeno lontana parente di quella che aveva fatto sognare tanta gente in virtù di un gioco spumeggiante ed arioso.
Si è trattato di una giornata storta? e può capitare; o di cos’altro?
Il ragionamento di una settimana fa che riguardava la tenuta atletica è stato – come si suol dire – mandato a carte quarantotto. Avevamo convenuto in tanti che la squadra avesse un’autonomia di quaranta-quarantacinque minuti a ritmi elevati, quegli stessi ritmi che avevano costretto alla resa compagini come Verona e Alessandria che non a caso si trovano nelle zone alte della classifica.
Già! il ritmo, l’intensità agonistica, la forza dirompente, tutte qualità che non facevano toccare palla agli avversari. Ma c’è qualcuno che domenica li ha visti questi ritmi, queste intensità agonistiche?
Io li ho visti, ma dall’altro lato della barricata. Nella partita che avrebbe dovuto consacrare le legittime ambizioni di una salvezza tranquilla, contro una di quelle che vengono presentate come concorrenti dirette, purtroppo la Paganese ha steccato malamente.
Il Pergocrema, invece, ha mostrato quelle qualità – tutte in una volta – che egoisticamente credevamo essere patrimonio esclusivo della nostra squadra. Ha giocato con intelligenza tattica, ha chiuso tutti gli spazi ai nostri attaccanti, ha giocato con un’intensità agonistica di prim’ordine: in nove elementi almeno dietro la linea del pallone, pronti però a ripartire con fulminei contropiede, che adesso la terminologia corrente vuole siano chiamate ripartenze. In questo gioco di chiusura di spazi in fase difensiva e di veloci puntate in avanti in spazi larghi, bisogna riconoscerlo, il Pergocrema è stato fantastico.
E la nostra Paganese? vi starete chiedendo, soprattutto voi che la partita non l’avete vista.
La Paganese è andata in crisi. Probabilmente – in considerazione del fatto che nelle partite precedenti c’era stata una partenza a razzo, con calo poi nella ripresa – è stato concertato un inizio in sordina, proprio per non sparare subito a zero tutte le cartucce a disposizione. Ma la mossa non ha sortito gli effetti sperati. Sul piano del ritmo il Pergocrema è stato superiore per tutta la durata della gara, imponendosi peraltro anche tatticamente, con una difesa bloccata centralmente con tre difensori di ottima stazza atletica che sulle palle alte non hanno mai concesso il minimo spazio a Tedesco.
Sulle fasce, che nelle gare precedenti avevano rappresentato la forza d’urto della squadra, una volta individuato in Triarico l’elemento più pericoloso, i nostri avversari hanno adottato le opportune contromosse con un raddoppio di marcatura ossessivo. Il bravo Triarico ce l’ha messa tutta, ma non è stato dirompente e decisivo come in altre occasioni.
Bloccata una fascia, ci sarebbe voluto la naturale alternativa dalla parte opposta; ma Lepri, stranamente nervoso ed impacciato, ha rappresentato solo la brutta copia del calciatore ammirato in diverse altre occasioni. L’allenatore Maurizi, vecchia conoscenza degli sportivi dell’agro, nell’occasione ha applicato pedissequamente l’introvabile manuale “Come ti blocco la squadra avversaria”, tanto caro a chi le partite se le studia per bene prima di giocarle.
Purtroppo, alla Paganese è mancata la contromossa tattica, una volta bloccate le fasce laterali: è mancato il gioco dalla trequarti campo in avanti. Vicedomini e Casisa, buoni interdittori e discreti distributori di gioco non hanno nel loro DNA il lancio illuminante e sono lontani mille miglia da quel più volte invocato geniaccio che può risolvere la partita in virtù di una giocata estrosa ed imprevista.
Per giunta, e siamo oramai ad una consolidata consuetudine tattica, i due si trovano a gestire le partite in inferiorità numerica nella zona nevralgica del gioco di centrocampo rispetto agli avversari che quasi sempre in quella zona si presentano con tre ed anche quattro calciatori.
E’ vero che Palumbo ha in mente un suo preciso modulo tattico che prevede due ali di ruolo e due attaccanti, ma in determinate occasioni, con zone del campo intasate di avversari, un po’ di geometria e di equilibrio non guasterebbero. Quando si riesce a mantenere la calma, quando c’è gente che non si fa condizionare dalla fregola di arrivare subito al risultato a tutti i costi, quando c’è gente di esperienza consolidata, si può giocare e sperare che prima o poi, con una giocata di fino o con qualche invenzione, il risultato possa cambiare.
Ma con questa Paganese, composta di giovani di belle speranze, orfana di un giocatore illuminante a centrocampo, dobbiamo sempre ricordare a noi stessi – in tutte le occasioni, anche quando dall’anima parte inconsciamente un grido di imprecazione e di disapprovazione – che la squadra ha bisogno di crescere perché i giovani dotati tecnicamente sono incostanti per natura; per questo una domenica giocano da campioni e una volta ti fanno dannare.
Equilibrio ci vorrebbe, come nella vita. Non è facile, ma Palumbo deve provarci. Così come dovrebbe provare a trovare spazio a Liccardi, un calciatore che a Napoli era tenuto in grande considerazione e che per mezzi tecnici potrebbe rappresentare l’elemento in grado di far ragionare la squadra in fase di impostazione di gioco.
Gli allenatori sono bravi anche quando intervengono in corso d’opera, non solo quando lavorano come negri; sono bravi quando interpretano e leggono a dovere l’andamento di una gara. Il modulo tattico preferito non deve costituire una costante immodificabile e queste cose Palumbo, da navigato tecnico, le sa bene anche se – è fuori di dubbio – la squadra presenta qualche carenza di organico.
Ma gli allenatori sono ancora più bravi quando riescono a trarre il meglio dal materiale a loro disposizione. Ed è questo che ci attendiamo tutti da Palumbo, in attesa che qualcosa possa muoversi in tema di potenziamento della squadra. E’ chiaro però, a questo punto, che bisognerà aspettare dicembre.
Anche perché Palumbo, per serietà e dedizione al lavoro, è persona meritevole di mangiare il classico panettone.
Nino Ruggiero
(Rubrica “Così è, anche se non vi pare”, Paganese.it 20 ottobre 2010)
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