Nella calda e afosa mattinata di oggi se ne è andato per sempre dalla vita terrena Gennaro Rambone. Se n’è andato in punta di piedi, senza clamore, silenziosamente – quasi in contrapposizione al suo carattere verace, sanguigno e genuino – dopo aver accusato un malore che lo aveva costretto al ricovero in ospedale. Con lui se ne va un altro pezzo di storia della Paganese calcio.
Gennaro Rambone era arrivato a Pagani nel 1974, all’indomani di una sconfitta per 3 a 1 contro il Gladiator, chiamato a furor di popolo a sostituire Giancarlo Vitali alla guida della squadra. Erano i tempi di Mammì e Mazzeo, coppia d’attacco capace di mettere a segno la bellezza di venticinque reti in due. Si giocava ancora al “Del Forno” e Rambone, con una squadra costruita alla meno peggio da altri, riuscì a portare la Paganese al quarto posto finale subito dopo Potenza, Juve Stabia ed Ischia. Poi l’anno successivo le strade si separarono per divergenze di vedute. A Pagani arrivò Lamberto Leonardi, giovane allenatore emergente, che riuscì a portare per la prima volta la Paganese in serie C.
L’anno dopo, siamo nel 1976-77, gli estimatori di Rambone in seno alla società lo richiamarono alla guida della squadra. I progetti erano ambiziosi: si puntava in alto, molto in alto.
Presidente era l’indimenticato Marcello Torre; Attilio De Pascale era il presidente onorario. Enzo Cascone e Vincenzo De Risi i consiglieri più presenti e più esposti anche economicamente.
Avevo imparato a conoscere bene Gennaro Rambone. In quel periodo, Marcello Torre mi volle in società a ricoprire il delicato ruolo di addetto stampa. Quindi seguivo da vicino le vicende societarie; sapevo delle differenti vedute dei vari componenti la società in ordine all’allestimento della squadra. Rambone voleva comprare, comprare sempre. Il suo vocione rimbombava per tutte le scale di quel portone al civico 24 di Corso Padovano, ogni qual volta si doveva parlare di potenziamento della squadra. “Devo guidare una 500 – soleva gridare agli astanti che lo guardavano quasi estasiati, e forse anche convinti – quando tutti gli altri hanno una Ferrari. Così dove vogliamo andare?” Il suo pallino per la difesa era un certo Battilani, finito poi al Benevento, che aveva avuto con sé nella breve esperienza di Catania.
Per Di Giaimo e Patalano, colonne portanti della squadra che l’anno precedente aveva vinto il campionato, a suo parere non c’era spazio in una squadra che doveva combattere per le prime posizioni di classifica. Dovevano andare via per fare spazio a “giocatori di categoria”. Feroci furono i contrasti dialettici, soprattutto con De Risi e Cascone, che difesero fino in fondo i due calciatori che erano anche nel cuore dei tifosi.
I due dirigenti la spuntarono e Rambone, da grande uomo e da navigato competente di calcio, dopo qualche giornata – alla luce del rendimento offerto in campo dai due atleti – ammise sportivamente di aver commesso un peccato di valutazione. Di Giaimo, spostato nel ruolo a lui più congeniale di centrocampista, e Patalano alla fine del campionato si segnalarono fra i migliori in campo.
Il nome di Gennaro Rambone è legato ad una delle pagine più belle della storia della Paganese – e per questo non sarà mai dimenticato. Anni grigi, difficili, tormentati. Chi mai potrà dimenticare la vittoria per uno a zero con il Bari di Matarrese? Come dimenticare gli abbracci finali fra Gennaro Rambone, Marcello Torre, Attilio De Pascale, Enzo Cascone e Vincenzo De Risi?
Chi potrà mai dimenticare quello storico secondo posto nella classifica finale di C che poteva valere la B?
Gennnaro Rambone, un nome, una storia, tante storie. Un personaggio autentico, genuino, spontaneo, carismatico, forse anche chiassoso, irascibile, ma umano, molto umano.
Lo abbiamo rivisto qualche anno fa a Pagani, in occasione della presentazione del libro “Paganese, 80 anni di calcio”. Aveva – oltre al Napoli – anche la Paganese nel suo dna. E non volle mancare all’importante appuntamento arrivando – applauditissimo ospite – con la sua auto. “Vengo con la mia automobile – mi disse il giorno prima, quando volli assicurarmi della sua presenza – non c’è bisogno che qualcuno mi venga a prendere. E’ un appuntamento a cui non posso mancare”.
Poi, a distanza di qualche anno, come capita assai spesso nella vita, non ha potuto mancare all’ultimo, fatale appuntamento con il suo destino. Addio Rambone, per molti sei stato un mito e tutti quelli che ti hanno conosciuto – direttamente o indirettamente – non ti dimenticheranno!
Nino Ruggiero
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